La storia potrebbe essere andata più o meno così…
1893 Oslo
“Ma sei ancora in pigiama?”
“Ho lavorato sino ad ora e non ho avuto tempo di vestirmi.”
“Sì? E sentiamo, che avresti fatto tutto il giorno?”
“Quei due dipinti.” Edvard si alza dalla poltrona e raggiunge la parete destra della stanza. Lì a terra, appoggiati al muro, ci sono due rettangoli di cartone.
“Eccoli” Li gira e li mostra alla sua ragazza. “Ti piacciono?”
“Un uomo che grida e…un altro uomo che grida. Uguali. Cioè tu tutto il giorno hai fatto uno che grida e poi ne hai fatta pure una copia?!”
“Non è una copia. In questo di destra ho usato anche le tempere.”
“Sono identici Edvard!”
“No! non lo sono.”
“Vabbè senti, tu devi uscire, non puoi stare rintanato in questo studio tutti i giorni, così ti abbrutisci!”
“Io sto benissimo.”
“Ma benissimo cosa?! La scorsa settimana hai dipinto la morte, ora sti due pelati nel panico che stanno a bocca aperta, io non so più come dirtelo! Devi u sci re !!!”
Due anni dopo Munch dipinge la terza versione de ‘L’urlo’ e nel 1910 una quarta (la più conosciuta) con colori un po’ più scuri, ma praticamente identica alle altre tre versioni.
Edvard Munch, artista d’indubbio talento e uomo sfortunato.
Gli muore la madre, poi la sorella, il nonno ed il padre. Lasciato dall’amore si destreggia tra esaurimenti nervosi e leggera sindrome maniaco depressiva.
“Ammazza oh, daje a’ ride’ in sta mostra!”
“Shhh che ti sentono Daniè!”
Una signora mi sorride e si avvicina per parlarmi a bassa voce “Pensi che a mio marito stava prendendo lo sconforto, l’ho mandato di là, mi hanno detto che c’è la sala dei nudi, poverino, manco voleva venire ce l’ho portato io a forza, almeno si rifà un po’ gli occhi.” Sorride, quasi in modo tenero.
“Signora ma i nudi sono maschili.” Le dico con cautela.
“Ussignur! Ma come maschili?! Allora sarà già fuori che m’aspetta, buon proseguimento!” Si allontana gettando gli occhi ai dipinti cercando di scansare le altre persone ferme in contemplazione.
In mostra, tra le molte opere, ci sono: ‘la morte nella stanza della malata’, ‘lotta contro la morte’, ‘sul letto di morte’, ‘l’angelo della morte’, ‘la morte e la primavera’, ‘la morte al timone’ e, ovviamente, la ‘disperazione’. Un dipinto tra tutti però mi ha colpito, non tanto per il soggetto, piuttosto per la sua storia. Conosciuto col titolo de ‘il vampiro’ (in origine ‘Amore e dolore’) è una tela poetica con al centro un uomo probabilmente in preda a qualche tormento che, appoggiato al tavolo con la testa china tra le braccia, viene stretto in un caldo abbraccio consolatorio dalla compagna. Questo momento, intimo, tenero, sincero, non poteva essere mostrato al pubblico. Un uomo non può avere momenti di debolezza. Per questo, la donna dai lunghi capelli color rame, complice la sua posizione, diviene per tutti un vampiro che succhia il sangue dal collo dell’uomo.
Talvolta, l’artista concede il proprio inequivocabile messaggio al pubblico e, altre volte, ciò che non viene detto è più interessante di ciò che viene mostrato.