Chissà perché quando si parla di austerità e semplicità in relazione ai luoghi di Chiesa, mi viene sempre da ridere a crepapelle. É un riflesso incondizionato.
Prendiamo ad esempio questo eremo nascosto a 800 metri sul livello del mare, in mezzo ad una fitta boscaglia di lecci secolari, a pochi chilometri da Assisi. In tutta la sua ‘semplicità e austerità‘, ha: un cancello d’ingresso in pietra, un viale d’ingresso lastricato, un dormitorio su due piani, una cappella, terrazze che affacciano sulla valle, sentieri nel bosco, spiazi adibiti a luoghi di preghiera, pozzo per l’acqua e un piccolo shop. (che poi, non è un vero e proprio negozio di souvenir, è più uno spazio nel quale loro danno prodotti in cambio di denaro, non è proprio una vendita, è più un baratto ecco.) Tutto ‘semplice‘ però eh, senza fronzoli né cose inutili. La mensa ha solo tavoli e panche in legno, la cappella ha solo sedie altare e crocefisso, e gli spazi comuni sono praticamente privi di ogni tipo di arredamento, puliti, lineari, sobri.
Il fatto è che, nel mio immaginario (sicuramente errato), ‘semplice‘ è la casa del primo porcellino, ‘austera‘ è la casa del secondo porcellino, la casa del terzo porcellino invece è una fottuta baita in montagna.
All’inizio del XIV secolo in questi boschi si ritiravano alcuni frati per osservare un periodo di penitenza e preghiera. Un luogo spirituale che permetteva loro di vivere all’interno di piccole grotte scavate nella roccia e protette da cancelli (visitabili lungo sentiero nel bosco). Col passar del tempo, ai frati venne in mente di costruire qualcosa di più accogliente per poter vivere qui stabilmente. Vennero così edificate la chiesa, il refettorio, il coro, il dormitorio e l’oratorio. Quest’ultimo è stato ricavato nella roccia sopra la grotta di San Francesco; siamo nel XIII secolo e proprio questo è stato il primo luogo di preghiera nel quale si ritrovavano tutti gli eremiti. Sono diversi i beati che hanno trascorso l’ esistenza tra queste mura e ci sono dei veri e propri tesori qui dentro, come l’affresco dell’ultima cena sulla volta del refettorio che risale al 1595.
Gli affacci dalle terrazze offro un panorama da perdere il fiato, si respira serenità e il fatto che si parli sottovoce, permette di assaporare il gusto della quiete nonostante la presenza di parecchi visitatori. La parte che preferisco è il bosco. Sentieri, a tratti poco agevoli, ti permettono di immergerti in un verde cupo, fatto di vecchi rami caduti, foglie immobili e dura terra. Nonostante possa sembrare la descrizione di un luogo inospitale, infonde un particolare senso di accoglienza.
Vivrei quassù? Non so.
D’altronde le cose belle sono quelle che ci spaventano di più, forse per questo che ci complichiamo la vita quotidianamente, perché abbracciare il ‘semplice e l’austero‘ sarebbe troppo pauroso. Il coraggio lo si trova strada facendo o magari leggendo frasi che possano ispirare, scritte da persone che, qualcosa di diverso lo hanno fatto davvero.
“Tutta l’oscurità del mondo non può spegnere la luce di una singola candela” Cit. San Francesco d’Assisi.