“Non v’è rosa senza spine. Ma vi sono parecchie spine senza rose.” Sentenziò Schopenhauer.
E se la vita di spine ne offre ahimè parecchie, perché non cercare un rifugio lontano dalle brutture del caos cittadino dove alleviare le fatiche di mente e corpo?
A Firenze, proprio sotto Piazzale Michelangelo (guardate la cupola del Duomo, spalle al David, scendete le scale in pietra alla vostra sinistra e troverete un cancello d’ingresso al giardino aperto dalle 9 alle 20), c’è un angolo di paradiso.
Una delle pochissime aree verdi del centro storico fiorentino all’interno della quale è possibile distendersi sul prato per chiacchierare, prendere il sole, meditare, studiare, fare un picnic, leggere o riposarsi. Ma quanto è rilassante anche solo l’idea di potersi adagiare su un bel prato verde?
Nonostante la vicinanza con il confusionario centro, qui si respira un’aria diversa, didistensione, pace e silenzio. A fine aprile le rose sbocciano con i loro incredibili colori spargendo tinte di ogni sfumatura per tutto il giardino. Ma questo piccolo parco non è solo un’area verde molto curata e rigogliosa. Oltre ad avere una vista privilegiata sulla città che lo rende uno dei punti panoramici più belli del capoluogo toscano, qui dentro sono esposte, come in un piccolo museo a cielo aperto, alcune statue dell’artista belga Jean-Michel Folon. Scultore, pittore ed illustratore di fama internazionale, amò Firenze a tal punto da desiderare di lasciare alcune delle sue opere alla città. Fù così che, per esaudire la sua volontà, la vedova Folon regalò queste bellissime sculture. La mia preferita è la fontana “L’uomo della pioggia” che a dire il vero non si trova in questo giardino, ma decora la rotonda del Lungarno Aldo Moro nei pressi dell’imbocco del Ponte di Varlungo che conduce al casello autostradale di Firenze Sud. Tra tutte le sue opere amo in maniera particolare gli acquerelli realizzati in collaborazione con Olivetti. Ci sono alcuni disegni raffiguranti un uomo col cappello e il cappotto lungo che cammina sui tasti delle macchine da scrivere, che mi piacciono moltissimo. La stessa figura un po’ goffa celata da un lungo paltò ( “Je me souviens”) la ritroviamo seduta su una panchina rivolta verso il Duomo proprio qui nel giardino delle rose. Insieme a quest’opera ci sono anche le sculture “Partir” (una valigia che fa da cornice al cuore della città), “L’envol”, “Le chat” ed altre ancora.
Diciamo che l’architerro Giuseppe Poggi fece proprio un bel lavoro nel 1865. Non solo costruì una delle terrazze più famose del mondo, poi decise di strafare (come si direbbe ai giorni nostri) realizzando anche questo incantevole giardino che, più che un balcone con vista privilegiata, appare come un salotto verde all’interno del quale tutti sono i benvenuti (anche i cani!).