Bello fuori e dentro. Saranno almeno vent’anni che non lo dico di un uomo. Questo imponente ed elegante palazzo, al suo interno nasconde delle opere d’arte di gran pregio. Firme del calibro di Mantegna, Caravaggio, Parmigianino, Tiziano e van Dyck. Risalente al 1500, venne acquistata da Re Enrico VIII che ne fece la propria residenza. Si trova non molto distante da Londra (beh adesso che ci sono i treni e le metropolitane) nel distretto della bellissima Richmond upon Thames.
Superato il cancello d’ingresso è stato creato un percorso in mezzo ad uno splendido prato ricco di fiori colorati. Sono i preferiti dalle api e dai bambini, visto quanto entrambe ci scorrazzino in velocità e sorridendo come estasiati. Pensare che un tempo ogni parco e giardino erano pieni di questi straordinari colori, prima che l’idiozia del tagliare tutto e cementificare s’impadronisse della nostra capacità cerebrale.
Gli ambienti esterni ed interni sono moltissimi. Una delle cose che amo di più dei Paesi a Nord, è il fatto che vivano appieno gli spazi verdi. Sui prati dei giardini interni al palazzo è possibile sdraiarsi a fare un picnic, o semplicemente a godere degli sporadici caldi raggi di sole. I più piccoli possono correre scalzi intorno agli orti (davvero stupendi) e al labirinto verde che fa girare la testa. Ci si può fermare a leggere seduti sotto un albero secolare o acquistare una piccola piantina nata tra queste mura.
Uno scroscio d’acqua mi sorprende mentre passeggio lungo uno dei viali del parco, mi dirigo quindi verso il campo da tennis coperto, un luogo che non sembra poi così strano se non lo si vede. Uno stanzone spoglio, con una rete al centro a dividere in due metà l’ambiente e, una parete lunga interamente in vetro dalla quale è possibile assistere alla partita indoor.
“Mi scusi è possibile avere una mappa del palazzo?”
“Non ne abbiamo.”
“Allora può indicarmi il percorso di visita?”
“Non c’è, puoi andare dove vuole, c’è il piano terra, il primo e il secondo, poi la cappella, la sala grande, le cucina, la torre dell’orologio…”
“Mi piglia una vampata di calore. Troppe cose che scivoleranno dalla memoria l’istante dopo aver ringraziato. Ma poi perché mai dovrei ringraziare? M’ha fatto l’elenco della spesa senza indicarmi alcuna direzione. Forse non gli funzionano gli indici.
Prendo una strada a caso, passo il primo cortile entrando e uscendo da ogni porta in maniera sistematica. Mi sento addosso la stessa ansia da prestazione che doveva avere Parsifal durante l’estenuante ricerca del Santo Graal.
Quanta magnificenza, le sale sono di una grandezza spropositata. Negli anni in cui vi risiedeva il Re, ne sono certa, ci sarà stato uno sfarzo esagerato. Basti pensare alla dimensione delle cucine e delle sale da pranzo, ci potrebbero entrare una mandria di cavalli e ancora rimarrebbe spazio per un tavolo da biliardo. Lungo le pareti dei corridoi vi sono appesi dipinti di pregio. La cappella è incantevole, non si possono fare foto ma non è facile scordarsi di tanta bellezza. Un soffitto turchese con piccole stelle d’oro e stucchi in rilievo a forma di rombo che si irradiano da colonne lungo tutto il soffitto della navata come una ragnatela stellare. Il pavimento è a cerchi bianchi intervallati da triangoli neri. Gli scranni in legno a due file corrono lungo entrambe le pareti. Anche l’abside è in legno. Nella parte superiore vi sono grandi finestre e, a destra, un organo dalle canne dorate.
Chissà perché si è sempre incuriositi dalle vecchie residenze. Forse l’interesse per le costruzioni, l’utilizzo dei materiali e degli spazi ci spinge ad esplorare questi luoghi. Forse sarà l’infantile e romantica immaginazione di passeggiare tra i corridoi nelle vesti di una regina o di un re. Per vedere quanto erano grandi i forni per cucinare le pietanze o se avevano i gabinetti? Davvero, perché ci rechiamo in massa in vecchi palazzi di persone che nemmeno mai abbiamo conosciuto?
Appena sentiamo il bisogno di evasione, se non in Natura, ci rechiamo in luoghi simili a questi, con l’intenzione di ‘vedere qualcosa d’interessante’. Ciò significa che di cose ‘interessanti’ intorno a noi, nel quotidiano, negli ultimi cento anni ne abbiamo fatte ben poche. E certamente nessuna di queste può competere con la magnificenza degli antichi palazzi e delle opere artistiche fatte secoli addietro.
Ogni tanto penso che i veri oggetti in mostra siamo noi. Camminiamo attraverso splendide sale impreziosite da mobilio raffinato e, sono proprio quei dipinti, quei tavoli intarsiati, quelle finestre a mosaico a dire “minchia eccone un’altra, guarda che sguardo curioso, che passo stanco, che postura incurvata, che ha fatto? Ha sudato per una rampa di scale? Chissà che cosa farà fuori dalle nostre mura. Chissà dove vive. A me sembra triste. Ma quante foto sta scattando? Ecco un’altro selfie con il pianoforte a coda, originale. Quante ne hanno già scattate stamani? Duecentotre? Si guarda intorno come se avesse perso la via di casa, ma perché gira su se stessa guardando il soffitto? Se continua così le girerà la testa e cascherà rovinosamente a terra. Sai che frastuono? Siamo assicurati per i sismi, vero? Perché non va a ballare giù nei magazzini o nel chiostro esterno? Ah… questi umani io non li capisco proprio, vengono qui dentro a spiare noi poveri attempati, toccano tutto in maniera morbosa e poi scappano, ma non hanno una vita là fuori.”