Conosciuta anche con il nome di Miyajima che significa letteralmente “l’isola del santuario”, Itsukushima è una delle attrazioni cult del Giappone, un vero e proprio tesoro nazionale. Patrimonio dell’umanità Unesco dal 1996, questo tempio scintoista costruito su palafitte è uno dei luoghi più fotografati al mondo grazie al suo torii che viene fuori dall’acqua.
Posizionato a circa duecento metri dalla costa di questa piccola baia è alto circa 17 metri, il primo venne eretto nel 1168 e poi sostituito nel 1875 con quello che ancora oggi possiamo ammirare, una straordinaria porta costruita con legno di canfora che da lontano ricorda un po’ l’apertura delle ali di un grosso uccello in volo. Il suo tipico colore rosso la rende visibile anche da lunghe distanze. Quando la bassa marea lo consente è proprio da qui che i pellegrini possono accedere al tempio, persino il giro tra le palafitte può essere arricchito da una passeggiata sulla spiaggia altrimenti, se il mare è alto, potrete camminare sulle lunghe passerelle che collegano le varie strutture del tempio tra loro. In entrambi i casi resta un luogo assolutamente straordinario che si sposa perfettamente con l’ambiente circostante, incastonato tra il mare e le foreste della collina.
Proprio come nella lontana Nara anche qui i cervi sono liberi e camminano insieme a voi lungo tutto la passeggiata costiera. Ricordate però di non dar loro nulla da mangiare e di tenere le mappe al sicuro perché la carta pare essere una delle loro prede preferite.
Dei bambini con le loro maestre erano seduti a terra a colorare e a far merenda quando, un paio di piccoli cervi si sono avvicinati e fatto razzia di tutti i lavori dei piccoli. Non nascondo che vedere bambini cercar di tirar fuori dalla bocca dei cervi i loro disegni tirandoli a più non posso per poi, inevitabilmente, cadere con il sedere per terra, è stato molto divertente. Per fortuna che i giovani prendono tutto col sorriso perché è questo l’unico modo per affrontare la vita (o il cervo) quando si prende beffa di te.
Ci sono molte cose da fare su quest’isola perciò, anche se nel maggior parte dei casi viene fatta una visita di solo mezza giornata, potreste anche decidere di fermarvi più a lungo per vedere tutto ciò che ha da offrire perché detto tra noi, credo che si perda gran parte del fascino che l’isola ha da regalare con solo poche ore di visita.
Il percorso più comune, che ho fatto anche io, vi porta dal molo di attracco dei traghetti, attraverso il centro di un piccolo paese (principalmente formato da pasticcerie e ristoranti) sino al tempio.
Sembra di camminare in un luogo magico, su una struttura che galleggia sull’acqua e, non certo perché percepisci qualsivoglia movimento o oscillazione ma, perché mentre passeggi, in qualsiasi punto tu ti stia trovando, qualsiasi ambiente tu stia visitando, sei costantemente circondato dal mare. É, per questo motivo, uno dei luoghi più singolari del pianeta, elegante e rassicurante.
Ahimè è anche uno di quei posti dove vorresti stare da solo, anche solo per cinque minuti, per poter ascoltare il rumore delle onde che si mischia al fruscio del vento tra gli alberi, il legno che scricchiola, la lanterna in rame che cigola ad ogni lieve movimento e, il respiro delicato dei monaci vestiti di bianco. Tutto questo non si può sentire in mezzo ad una folla di turisti seppur educati e silenziosi ma, lo si può immaginare ed è proprio così che ho piacere di ricordare questo tempio, come uno scrigno di delicati rumori della natura.
Fortunatamente i venditori di molluschi qui sono meno “intraprendenti” di quelli del mercato del pesce di Gallipoli dove, (questo ricordo ancora mi fa sorridere e inorridire allo stesso tempo) una donna attempata e dalla simpatica voce stridula, per dimostrare a me e ai miei amici che le sue cozze erano fresche, mi ha ficcato una mezza conchiglia appena aperta direttamente in bocca. Il guscio quasi mi ha tagliato il labbro e in bocca mi sono ritrovata una cosa molliccia e viscida che sembrava nuotare in quel mezzo litro di acqua di mare che si era portata dietro. Fortunatamente qui non funziona così, ho potuto perciò camminare con una certa sicurezza e disinvoltura attraverso tutti i banchi di pesce fresco.
Qui le ostriche sono il piatto più richiesto. Enormi, saporite e cucinate in molti modi. Se siete amanti di questo mollusco qui troverete il paradiso. Alla griglia, crude, inserite in altre pietanze, fritte o interno di panini speziati, le ostriche qui sono indiscutibilmente il piatto forte dell’isola. Io non le amo particolarmente ma ho dato un morso a questo panino fritto con cream al curry e ripieno di ostriche e devo dire che era delizioso. Consiglio l’assaggio.
Un altro prodotto tipico sono i dolcetti a forma di foglia di acero con ripieni vari, il più conosciuto è quello alla marmellata di fagioli. Sono tutti buonissimi e le pasticcerie li preparano e confezionano proprio in vetrina davanti ai tuoi occhi.
Per le strette strade della città perciò sarai avvolto da un piacevole profumo dolce e dal rumore del coltello che s’insinua tra le conchiglie delle ostriche prima di essere aperte. Praticamente cammini in una grande cucina a cielo aperto.
Questa promiscuità tra interno ed esterno di un ristorante, ciò che è la sosta e il cammino, questo rilassante modo di vivere il tempo scandendolo con diversi orologi ed esigenze, è una cosa che mi affascina. Libertà pura. Perciò mentre cammino di ritorno dal tempio vedo persone acquistare spiedini di polipo e cozze e mangiarli mentre passeggiano guardando le vetrine; in mezzo di strada ci sono dei tavolini con delle persone che pranzano, fuori dal locale una griglia riscalda le ostriche e un pasticcere dal lato opposto della strada allunga la mano verso una ragazza per offrirgli un assaggio di dolce.
Una confusione che però, funziona alla perfezione.
Com’è strano mischiare il religioso col profano, l’antico col moderno, la nostalgia con l’avanguardia. É un po’ questo il gusto che ti lascia in bocca quest’isola. Come se si fosse dovuta piegare al turismo e alle grandi affluenze ma volesse fortemente conservare la sua vera e autentica identità: essere l’isola sacra.