Stavo cercando qualcosa di particolare per trascorrere un paio di giorni all’aria aperta ed è venuto fuori un’itinerario insolito in Umbria e dintorni.

Nel cuore dell’Italia, verdissima specialmente in questo periodo dell’anno, l’Umbria offre buon cibo, panorami mozzafiato e un’accento simpaticissimo da ascoltare. 

La prima tappa è stata Orvieto.

Si arriva comodamente in auto sino alle porte della città dove potrete trovare parcheggio ma, se volete arricchire di stravaganza il vostro breve tour, lasciate la macchina ai piedi della collina e salite sino in vetta con la funicolare. 

La prima immancabile attrazione è il pozzo di San Patrizio.

Prezzo d’ingresso 5 euro, attenzione a non scivolare perché l’umidità sul pavimento di mattoni può giocare brutti scherzi, se avete bambini scalmanati teneteli per mano così eviteranno di sporgersi dalle finestre per guardare il fondo del pozzo. 

Profondo 54 metri e formato da circa 250 scalini e 70 finestre. 

Un luogo assurdo, profondo quasi il doppio del pozzo di Quinta da Regaleira in Portogallo. Assurdo perché, mentre ho il fiatone e risalgo lentamente le scale scivolose, con l’umidità che mi fa sudare come una salsiccia sulla griglia rovente, penso a quegli asinelli che dovevano salire e scendere continuamente per portare l’acqua. 

Che faticaccia! Certo che è tutto cambiato. La nostra intera vita è cambiata. Da quando non saliamo più le scale perché abbiamo l’ascensore, da quando non lavoriamo più i campi perché stiamo seduti tutto il giorno davanti al computer, siamo diventati un po’ delle pappe molli. 

E non venite a dirmi che andate in palestra tutti i giorni e voi non siete così!

Lo siete eccome, lo siamo tutti, sfido chiunque a costruire con le proprie mani strutture di questo tipo e a percorrerle quotidianamente più e più volte. 

Il bello di questo luogo è che, chi sale e chi scende, non si incontra mai grazie alla doppia rampa elicoidale.

Le scale che portano su e giù sono una sopra l’altra cosicché, se vi fermate ad una delle finestre, (non sporgetevi perché è pericoloso) potete vedere l’alternarsi di teste ai vari piani che vanno in direzioni diverse. 

Riconquistata la vetta abbracciate il fresco vento del giardino antistante il pozzo, con il suo belvedere sulle colline. 

Proprio lì accanto, c’è la possibilità di vedere un altro luogo singolare: “la Orvieto sotterranea”.

Ma questa volta faccio passo, perché la giornata è splendida e passeggiare “in superficie” è un vero piacere. 

Entro nel centro storico della piccola città, fatto di case in pietra e mattoni, di silenzio e di buoni profumi.

I turisti passeggiano lenti, distratti dalle colorate vetrine della porcellana dipinta a mano, delle norcinerie con le antiche insegne e il bancone pieno di salumi e formaggi. 

Puoi fermarti ad addentare un panino caldo con la porchetta o puoi sederti in una delle trattorie del centro per assaggiare i buonissimi pici fatti in casa. 

Se siete finiti in questa deliziosa piazzetta, cercate un ristorantino che si trova a poca distanza da lì, si chiama “la mezza luna”, mio padre me lo aveva tanto consigliato peccato che era tutto prenotato, nemmeno un posto libero! 

Magari voi sarete più fortunati di me. 

Gironzolo un’altro po’ tra le strade del centro storico fino alla piazza del Duomo. 

Ha dei colori meravigliosi sia all’esterno che all’interno. Sembra uno di quei bikini alla marinaretta che mai indosserò. 

Non mi spingo oltre l’ingresso perché è a pagamento e la faccia dell’uomo al tornello non promette nulla di buono, ma rimango affascinata da questi straordinari colori e dalla maestosa altezza e mi domando: sai che soppalco da urlo che potrei costruirci!

E mentre la mia vena da architetto mancato progetta ogni singolo dettaglio, mi vedo già sul bordo di una piscina trasparente sospesa sulla navata, sorseggiando una bibita rinfrescante mentre sotto di me i fedeli si riuniscono per la messa. 

Il bagno a sinistra e la camera da letto a destra, uno studio, una sala per gli ospiti…

…l’unico inconveniente sarebbero le campane. 

Rintoccano proprio in quell’istante e torno alla realtà, appoggio il bicchiere sul tavolino in marmo, mi asciugo con l’accappatoio bianco ricamato con ancore dorate e blu e mi dirigo verso l’uscita. 

Mi rimetto alla guida diretta verso la seconda attrazione, a circa venti minuti di distanza percorrendo una strada in mezzo alla campagna verde e i prati in fiore. 

La Civita di Bagnoregio è uno di quei luoghi italiani così particolari da dover essere visitato almeno una volta. 

Lasciate l’automobile nella piazza principale del paese, (che credo non avrebbe mai visto turisti se non avesse avuto questa particolarissima parte antica). 

Un pulmino bianco vi porterà sino al belvedere dal quale potete proseguire a piedi, anzi..dovete proseguire a piedi! Non c’è altro modo. 

Il biglietto costa un euro e vale sia per l’andata che per il ritorno. 

Le corse non sono molto frequenti, ogni 30-40 minuti, nelle ore di maggior affluenza ogni 20 min circa. 

Scesi dall’autobus vi troverete davanti un vero e proprio spettacolo.

Scelto dal Papa come luogo di villeggiatura e raccoglimento, (più raccolto di così ci si potrebbe solo chiudere in un armadio!) conta ancora una decina di temerari abitanti. 

Il fascino dell’irraggiungibilità, del silenzio e dei panorami dall’alto, credo scompaiano nel periodo invernale quando sicuramente le difficoltà di una vita in un luogo suggestivo come questo, possono inevitabilmente far capolino. 

Guardandolo mi domando: come diamine hanno fatto a portare il materiale di costruzione sino a lassù? Come sono riusciti ad edificare in mezzo alla roccia a quell’altezza? Con quel terreno così franabile? E poi il pensiero va ai giorni nostri… Amazon consegnerà anche qui? Che fa il corriere? Ti chiama e ti lascia il pacco all’inizio del ponte? 

La cucina, gli elettrodomestici e il letto saranno Ikea? E se ti accorgi che manca una vite o un tassello, torni indietro a prenderla?

Il ponte non è raggiungibile da nessun tipo di veicolo se non da un’unica piccola automobile della grandezza di una golf car con le ruote da fuori strada.

 

Consiglio di non andarlo a visitare nelle ore più calde e di prendersi una bottiglietta di acqua perché il percorso non è lunghissimo, ma c’è una bella salita finale che risveglierà tutti i vostri muscoli. Il biglietto costa 3 euro feriali e 5 euro sabato, domenica e festivi.

Se soffrite di vertigini: prendete a braccetto qualcuno di cui vi fidate, guardate le vostre scarpe e continuate ad andare avanti perché il paesino che vi aspetta è veramente grazioso. 

Una chiesetta, case diroccate, altre dal fascino romantico, in pietra e con il giardino tergale, un negozio di profumi “acqua di Civita”, un bar e un ristorante. Infondo è anche per questo che si chiama “la città che muore”, perché la vita non si rinnova e il paese non ha la meglio sul tempo e gli agenti atmosferici. 

Passeggiando per la strada principale ti guarderai a destra e a sinistra e scoprirai che tutti i vicoli conducono o ad un cancello o al dirupo. È veramente un paese piccolissimo, come un diamante incastonato nella roccia. 

La vista dall’alto è straordinaria, sembra di gettare gli occhi nel verde. 

É giunto il momento di tornare indietro. 

Arrivo alla fermata dell’autobus e provo a fare una sorta di fila visto che siamo parecchi ad aspettare. Le prime dieci persone (straniere) apprezzano l’iniziativa e si mettono in coda ma, appena l’autobus gira l’angolo ed entra nella piazzetta, si sono già messi tutti alla cazzo e, come l’olio nell’imbuto, scivolano a spintoni dentro il piccolo mezzo. 

Fortunatamente la corsa dura poco più di tre minuti. 

A questo punto vi domandate: dove sei andata a dormire?

E io vi rispondo: in agriturismo.

E voi incalzate: “dicci quale!”

E io vi dico: “manco per sogno!”

Non perché ho trovato il paradiso in terra e voglio tenerlo segreto ma perché, al contrario, mi sono ripromessa di scrivere solo di posti che consiglierei veramente, e l’agriturismo dove ho dormito non è una buona proposta. 

Inaspettatamente carissimo e con servizi scadenti. 

Una bottiglia di birra peroni piccola 8 euro! Nemmeno al Four Season me la fanno pagare così tanto!

Mi sono seduta sul letto e le doghe sono venute via ad una ad una facendo sprofondare il materasso. 

Soluzione? Mi hanno dato un pezzo di compensato pressato da appoggiare sulla rete rotta. 

Una soluzione a dir poco imbarazzante. Nonostante l’inconveniente notturno, la luce del comodino che non funzionava e la tv senza segnale, sono riuscita a dormire. 

Al risveglio la colazione è stata una nota dolente. Il pane raffermo della cena riscaldato in forno e un cucchiaio di marmellata di pomodori verdi messa in un ciotolino. 

Biscotti in confezione da due e un cornetto surgelato riscaldato al forno. Ne ho chiesto un altro e mi hanno detto che non ne avevano. 

Solitamente negli agriturismi trovo dolci fatti in casa, burro, miele locale, qualche fetta di salume e formaggi tipici del posto. Nulla di tutto questo. Una cosa inaccettabile considerando il prezzo pagato. 

Cari proprietari di agriturismi, sopratutto perché vi trovate in posizioni difficili da raggiungere, dovete dare un buon motivo alla gente per tornare!

Basta poco, qualche prodotto locale, assicurarsi che i letti non crollino, un arredamento confortevole e magari… evitate di dipingere le pareti delle camere con colori fluorescenti perché fanno cagare!

Con un buco nello stomaco e la schiena martoriata mi dirigo verso la Scarzuola.

Non potrei fare altro che usare parole sbagliate per descrivere questa casa, costruita dall’architetto Tomaso Buzzi, senza fondamenta col solo uso della prospettiva, perché qualsiasi descrizione vi faccia, sono certa che nessun vocabolo renderebbe giustizia al suo lavoro, al suo spirito, alla sua visione delle cose. 

Marco Solari nipote dell’architetto, dal 1981 è cicerone di questo incredibile viaggio all’interno dell’esistenza e della realtà delle cose. E’ lui la vera attrazione, con la sua risata sincera e strozzata e il suo atteggiamento distante e nel contempo coinvolgente. 

Solo lui con la sua unica personalità schietta e senza ombre, potrà accompagnarvi alla scoperta del mondo. 

Non storcete il naso per le parolacce, non arrabbiatevi se non capite. Solo in pochi ahimè usciranno da quel portone con un profondo senso di riscoperta, gli altri, poverini, torneranno alle loro vite. 

Il nome Scarzuola deriva da “scarza” un’erba che cresce nell’acqua con la quale San Francesco d’Assisi costruì la sua capanna proprio in questo luogo nascosto dalle colline. 

Il tour va prenotato per tempo chiamando il numero di telefono o scrivendo all’ indirizzo e-mail che trovate sul sito ufficiale. L’ingresso costa 10 euro che si danno in contanti direttamente al proprietario di casa. 

Come entrare a teatro, sedersi sulla poltroncina in velluto, attendere l’apertura del sipario e trovarsi difronte una scenografia incredibilmente studiata in ogni suo dettaglio. 

Il mondo e l’esistenza umana rappresentata e descritta da simboli, strutture, e spazi. 

Il tour dura un’ora e trenta e Marco è molto preciso in questo.

Io posso darvi un’unico consiglio qualora vogliate andarlo a trovare, ascoltatelo, seguite le sue indicazioni durante il percorso e lasciate perdere lo scattare foto a raffica. 

Se vi perdete nel giardino gironzolando tra scalini e colonne alla ricerca dell’inquadratura perfetta, vi perderete il vero senso della visita: la descrizione di Solari. 

Adesso che il mio itinerario è concluso non posso fare altro che perdermi un’altro paio di ore tra le campagne e i suoi piccoli paesini in mattoni e roccia sino a città della Pieve. 

Tutti i luoghi visitati sono deserti, tutte le case hanno il cartello vendesi attaccato alla finestra. 

I pochi abitanti rimasti vivono senza contaminazioni e preoccupazioni. 

Mi sono emozionata nel vedere le chiavi attaccate al portone di casa. 

Le finestre spalancate con le coperte a prendere aria e le auto aperte con la chiave inserita. 

Un vero tuffo nel passato. In quei luoghi che sembrano non subire l’effetto dello scorrere del tempo. Quei paesi fatti di signori col bastone e scarpe logore che tornano dall’orto con la cena in un sacchetto sporco, di signore più anziane che stanno sedute fuori dalla porta di casa a prendere il fresco, di bambini che giocano con il pallone facendolo rimbalzare sul muro della chiesa, di negozi di alimentari al cui interno puoi trovare qualsiasi cosa. 

I più giovani probabilmente, non troveranno tutto questo affascinante; quelli un po’ più cresciutelli invece guarderanno ogni cosa con quel senso di magone in gola e quel dolce ricordo d’infanzia. 

A proposito di magone….

Leggendolo ho subito immaginato Harry Potter con la panza?  Non è venuto in  mente anche a voi? 

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2 comments

Reply

Veramente simpatica con spiccata sensibilità! Mi è piaciuto il tuo tour, ma soprattutto la tua descrizione. Complimenti 👍

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Grazie Barbara per il tuo generoso commento, mi lusinga e rende la mia giornata spumeggiante! 😁

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