Quanti giorni occorrono per visitare questa città? Direi che due bastano, se sei veloce; tre sono meglio se ti vuoi godere tutto appieno e, 4 giorni possono sembrare molti ma, son sicura troverete sempre qualcosa di piacevole da fare!
Siviglia è una città incredibile! Mi ha colpito da subito. É un’esplosione di colori, di sorrisi, di allegria! Per descriverla servirebbero centinaia di punti esclamativi, andrebbero piazzati qua e là come dei lunghi sospiri durante un discorso sciorinato in gran velocità per l’entusiasmo.
Siamo a fine settembre e fa un caldo incredibile, fossi in voi, eviterei una gita in luglio ed agosto perché potrebbero incollarsi le suole delle infradito all’asfalto.
Tutto si amalgama alla perfezione sotto il sole cocente, gli eleganti vestiti delle giovani donne che ondeggiano seguendo il loro leggero passo, la schiuma delle birre che col suo candore scivola dai freddi bicchieri di vetro, le scarpe lucide dell’artista di strada che accompagnano con un rapido tacchettio il vibrante suono delle corde della chitarra. Cammini lasciandoti cullare da quella sensazione di romantica flemma, nota caratteristica di tutta l’Andalusia. Qui i negozi abbassano le serrande dalle 14 alle 17 nel pieno rispetto del periodo di siesta. Nessuno corre, nessuno pare essere stanco (ovviamente visto che non corre) né stressato e, tutta la città è pulitissima!
Ci sono molte cose da vedere a Siviglia, l’Arena, la Torre dell’Oro, la Cattedrale, i quartieri del Flamenco, l’Alcázar, il Metropol Parasol e…Piazza di Spagna.
Inizierei proprio da questa splendida piazza inaugurata nel 1929. Anzitutto consiglio di andarci sia di giorno che di sera, magari all’ora del tramonto quando il sole va a nascondersi, i lampioni si accendono e la fontana si dipinge di fluorescenti colori.
La piazza a ferro di cavallo ha due torri alle estremità, la torre nord e quella sud. Il canale scorre al di sotto dei quattro ponti impreziositi dalle azulejos. La fontana centrale e il breve corso d’acqua creano un bel movimento fluido all’interno di una piazza che ha tutta l’aria di essere una costruzione perfettamente geometrica. Come in un abbraccio, tutte le province spagnole sono rappresentate nei variopinti mosaici delle panchine.
“Facciamo anche noi un giro in barchètta?” . Lo dico con un accento da finta milanese ma vera sbruffona. Poi, visto che nessuno dei compagni di viaggio sembra voler assecondare la mia richiesta, inizio a battere i piedi a terra come un bambino di cinque anni alla sua prima lezione di flamenco: sgraziato ma costante.
“Dai dai dai dai dai dai….” Bene, alla fine ce l’ho fatta! Paghiamo, andiamo al piccolo molo dove un uomo molto poco socievole e molto poco sorridente mi fa salire sulla piccola imbarcazione che s’ inclina spaventosamente sotto il peso del mio primo passo. Mi vedo già in acqua, fortunatamente mi getto al centro e ripristino l’equilibrio. Abbiamo 35 minuti (tempo di affitto dell’imbarcazione) per poter fare il giro, qualche foto e magari rilassarci all’ombra di un ponte.
Dopo un quarto d’ora eravamo ancora al molo.
Non riuscivo a remare.
“Hai voluto sederti tu al centro per remare, pensavo fossi capace cazzo!”
“Mi riesce di solito, ma non capisco perché mi sbattono i remi sulle tette”
“Cosa intendi per ‘di solito?’ Tu vai spesso con la barca a remi?”
“Beh in realtà…mai”
“E allora perché hai voluto remare tu?”
“Perché ero sicura di riuscirci”
Continuo a fustigare il petto, inarco la schiena e sbatto le estremità in legno dei remi direttamente sulle spalle.
“Ma come stai remando??! Non ci muoviamo proprio!”
“Abbi fiducia adesso prendo il largo”
“Sì vabbè” La vedo buttare gli occhi al cielo e nel frattempo un capannello di persone stanno vicino al molo a guardarci sorridendo.
“Ma prova a stare più indietro!”
Lo faccio e…sbatto i remi sulle ginocchia.
“Ma dai! Allora stai più avanti! E che cazzo!”
Lo faccio e … sbatto i remi sulle gengive.
“Ok senti spostati faccio io!” Marilena mi toglie i remi dalle mani.
Arriviamo fino al primo ponte, senza incidenti e, porca miseria, è stato veramente divertente (per quelli che continuavano a guardarci dall’alto della piazza).
Torniamo indietro (si fa per dire) e al molo, sbarco con cotanta leggiadria che sbatto la tibia contro la pedana in ferro. Sento un dolore indescrivibile ma faccio finta di nulla perché mi avevano detto che era un’idea del menga ed io, cocciuta, ho voluto farla lo stesso.
Girare per il centro è facile, ci sono cartelli turistici ad ogni angolo che ti suggeriscono le attrazioni più vicine alla tua posizione. Ci sono ampie tende bianche tra le vie più calde e nelle grandi piazze, un’idea geniale per creare ombra laddove il sole fa al meglio il suo sporco dovere. La cosa che amo di più di questa città è la vita in strada: tavolini lungo le vie, fuori dai locali, nelle piazzette, sui marciapiedi. Cibo buono a poco prezzo, birra deliziosa, e un’atmosfera rilassata e festosa a qualunque ora del giorno e della notte. Poter vivere così appieno la città è una cosa che manca nella nostra cultura dove anche per posizionare un cestino fuori dal negozio, diventa un problema.
Non perdetevi il Metropol Parosol, sembra un enorme nuvola di schiuma. Sotto la piazza c’è un food market e l’ingresso per l’attrazione. Costa tre euro, si sale con l’ascensore e sarete per qualche minuto sul tetto della città. Una passeggiata veramente particolare. La struttura è completamente realizzata in legno e protegge l’intera piazza dal sole e, essendo traforata, crea a terra dei riflessi geometrici e ombre che si allungano e si accorciano seguendo il movimento del sole. Un esemplare straordinario di bioedilizia situato in uno dei punti migliori dai quali poter ammirare tutte le bellezze della città.
Se volete vedere l’arena sappiate che la visita è guidata e parte ad orari prestabiliti. Dura circa 45 minuti. Tra i corridoi interni ci sono la cappella, le stalle, e un piccolo museo che racconta la storia della tauromachia con disegni di Francisco Goya, vecchi cartelloni pubblicitari e i celebri Traje de Luces, gli abiti dei toreri dai ricami dorati impreziositi da scintillanti paillettes.
L’Alcazar è il palazzo reale e, nonostante sia molto antico, è ancora in uso. Piccolo, delizioso come un ricamo di trine con le colonne lavorate e le porcellane dagli accesi colori. La cosa che ho apprezzato di più sono stati i giardini, verdissimi e ben curati, mentre li attraversate, provate a cercare l’impertinente pavone.
Poco distante si trova quello che è il vero cuore del centro della città: la cattedrale di Santa Maria della Sede di Siviglia. Il suo elegante giardino degli aranci, la salita al campanile e la straordinaria vista dall’alto. É la terza chiesa più grande del mondo e patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ha ben 15 portoni distribuiti sui quattro lati. I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 1402 e andarono avanti incontrando non poche difficoltà per tutto un secolo. Venne eretta su un antica moschea il cui minareto venne convertito in quello che oggi è il simbolo di Siviglia: la Giralda cioè la torre più alta. Meravigliosa all’esterno con le decorazioni che ricordano tessuti arabi e particolare al suo interno poiché per salire sino in vetta si percorrono 34 rampe senza nemmeno un gradino. Questo perché in antichità si poteva arrivare fino in cima a piedi o a cavallo. Ciò che da il nome a questa torre è la statua posizionata sulla parte superiore: è il Giraldillo e rappresenta il trionfo della cristianità, nonostante i suoi quattro metri di altezza, gira seguendo il vento proprio come una banderuola.
Nella navata laterale si trova la tomba del Navigatore italiano scopritore delle Americhe. L’opera funeraria di Cristoforo Colombo, è ricca di simbolismi e, l’occhio furbo qua in basso, rappresenta l’astuzia di chi è esperta della lettura delle carte geografiche. Perché errare humanum est…ma fino a un certo punto.
I vicoli del centro sono la parte più interessante. Se è vero che vi consiglio spesso di mettere in borsa la cartina della città per camminare senza meta, questa volta dovete farlo sul serio. Siviglia si presta alle lunghe camminate tra le strade strette, i rigogliosi giardini pubblici e quei meravigliosi palazzi colorati con i loro cortili interni e i terrazzi in ferro battuto e maioliche e…se avete voglia (e fianchi stretti) fermatevi a provare un bel vestito da danzatrice di flamenco.
Dimenticavo…vi lascio un paio di posti dove fermarvi a mangiare. Noi li abbiamo trovati particolarmente buoni.
Pimentón: in pieno centro, tavolini interni ed esterni, piccolo e carino, servizio eccellente ottimi piatti e meravigliose tapas a buon prezzo (le abbiamo provate tutte, i gamberetti con maionese al mango, il formaggio fritto con interno cremoso e marmellate, spaghettini al nero si seppia con baccalà…ecc.) qualità e gusto. La paella mista non era affatto male!
Freiduria puerta de la carne: fritto di pesce strepitoso. Prendi il cartoccio e poi ti siedi nei tavolini esterni, non c’è servizio al tavolo e non ci sono bevande ma…nessun problema, il cameriere del ristorante accanto passa tra i tavolini e prende ordinazioni. Direi una perfetta collaborazione tra ristoratori. Consiglio!
Se non volete sedervi e preferite qualcosa di più semplice, c’è Gocho Neocharcutería, dove potrete acquistare un buon panino con prosciutto iberico perché si sa, gira che ti rigira, la semplicità premia sempre!