Se fossimo in un quiz, la domanda per il premio finale sarebbe:

“In quale circostanza la Regina Vittoria esclamò: “Ma è enorme!”

A: Guardando lo scone al formaggio servitole a colazione il giorno del suo compleanno.

B: La prima notte di nozze con il Principe Alberto.

C: Quando dopo l’incoronazione le svelarono i confini del suo impero.

D: La prima volta che vide il museo che prende il suo nome.

 

Il Victoria and Albert è davvero gigante, non avevo mai visto stanze tanto grandi prima di aver messo piede nei magnifici musei londinesi. Uno spazio espositivo che si estende per circa 50mila metri quadri, con più di 4,5 milioni di oggetti facenti parte della collezione permanente. Quello che lascia senza parole non sono solo questi numeri, ma l’eleganza degli ambienti, la pulizia, la ricerca del dettaglio e la cura nell’organizzazione delle collezioni. Mi tornano in mente i film di Indiana Jones, quelli nei quali il protagonista finisce sempre per infilarsi in qualche pertugio che si rivela un nascondiglio perfetto per innumerevoli casse in legno contenenti tesori di ogni tipo, trafugati da diverse parti del mondo. Qui i forzieri marroni non ci sono ma, tra queste mura si nascondo opere di inestimabile valore.

Fondato nel 1852, questo luogo contiene oltre 5000 anni di storia, gli oggetti in mostra prevengono da ogni Continente, Europa, Nord America, Asia e Nord Africa. Colonne, templi, statue, manufatti di ogni natura, persino interi ambienti di vecchie dimore prelevati da abitazioni e riallestiti tra queste sale. Opere incredibili, passo dal guardare piccolissimi intagli su un osso della grandezza di una polpetta, al calco in gesso fatto nel 1864 della colonna di Traiano. Turner, Raffaello, Blake, Donatello e Michelangelo, in questo dedalo a tre piani ci sono opere tanto affascinanti quanto particolari, come ad esempio la tigre di Tippu. Un carillon indiano piuttosto grande costruito in legno con un meccanismo macabro che permette alla tigre di mordere al collo il soldato inglese sdraiato inerme sotto il corpo dell’animale. Lo strano oggetto venne creato per il Sultano di Tippu in segno della vittoria del popolo indiano su quello britannico. La galleria dei gioielli è il luogo perfetto per aspiranti principesse (nei sogni). Gioielli di diverse epoche e pietre preziose di ogni taglio dimensione e colore. Una forma diversa di eleganza e raffinatezza è offerta dal Canova che, con le sue tre grazie, ci regala una delle statue più sensuali dello scultore neoclassico.

Mi muovo ormai stanca tra le teche in vetro e le file di cancelli in ferro battuto esposti lungo larghi corridoi. Non basta una visita per vedere tutto con attenzione, già i pavimenti ed i soffitti sono così belli che catturano lo sguardo ad ogni passo, poi ci sono sale lettura e biblioteche che sembrano set cinematografici, un giardino interno, un grande shop e sale circolari per le esposizioni temporanee.

Ahimè visito questo museo dopo diversi soggiorni nella capitale inglese e, chissà per quale motivo, scopro che non è mai la prima scelta di nessuno; sarà perché troppo dispersivo, sarà perché si trova accanto al più gettonato Museo di Scienze Naturali, o forse perché l’arte non va più tanto di moda.

Lo osservo da fuori, aveva ragione la Queen, è davvero mastodontico. Resto un po’ ferma al suo cospetto e mi sento quasi giudicata da cotanta imponenza. A questo punto, se gli edifici potessero improvvisamente parlare, il V&A  prenderebbe sicuramente in prestito una delle frasi più celebri della Regina Vittoria: “Ha poca importanza quello che la gente pensa di me, vera importanza ha quello che io penso di loro.”

 

 

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