“Quando tu canterai, 

e alla vita un sorriso offrirai

anch’essa vedrai, 

ti sorriderà.

Quando tu canterai,

tutto il mondo sentendo la stessa gioia che hai, 

si risveglierà.

Anche se va storta, qualcosa, che importa 

se un sorriso avrai,

e tu lieta canterai.”

Biancaneve, con la sua voce sottile, intonava questo motivetto mentre, uno dopo l’altro, le si avvicinavano cerbiatti, scoiattoli, uccellini e coniglietti.

Immagino esattamente così, il mio risveglio mattutino in una di queste casette che affacciano con le loro grandi vetrate su questo giardino segreto all’interno del perimetro dell’ Abbazia. Il prato all’inglese (non poteva essere di altra nazionalità in effetti) è di un verde acceso, ci sono alti alberi secolari dalla ricca e gonfia chioma e una torre laterale sta lì, a poca distanza, dritta ed immobile come un vicino di casa curioso. É forse uno dei parchi privati più eleganti che si possano incontrare, in uno dei suoi angoli è stato allestito uno spazio per accogliere i piccoli animali di città, ci sono infatti degli uccellini, una colomba, alcuni piccioni ed uno scoiattolo che, senza disturbarsi, mangiano da piccoli recipienti lasciati sopra i rami di un nodoso arbusto. Nel guardarli rifocillarsi sorrido perché mi sembra proprio una situazione disneyana.

A questo giardino nascosto, si accede solo dopo aver esaurito tutto il percorso di questa maestosa cattedrale sita nel cuore di Londra. L’Abbazia di Westminster è stata edificata tra il 1045 e il 1050 sopra una struttura che già cento anni prima ospitava alcuni monaci benedettini. Andando ancora più a ritroso nel tempo scopriamo che, proprio qui, sulle sponde della Thorney Island sul Tamigi, nel 616 un pescatore ebbe la visione di San Pietro e, in onore dell’apparizione, venne eretto un santuario.

Muovo i primi passi incerti all’interno della mastodontica Abbazia, cercando di non scontrarmi con nessuno ma, è inevitabile tamponarsi. Sembriamo tutti su macchinine a scontro invisibili, ci diamo spallate e ci pestiamo i piedi perchè continuiamo a tenere lo sguardo per aria per non perderci nessun particolare. Inebetiti e folgorati da cotanto splendore, i miei occhi si posano a caso su statue, colonne, mosaici colorati delle altissime finestre, di nuovo statue, pavimenti, statue, ops…(spallata) mi scusi colpa mia.  Raggiungo  la navata centrale, con lo spirito di conquista di Cristoforo Colombo, non sapevo che mi stavo dirigendo lì eppure ci sono arrivata.

Ben 156 metri di lunghezza e 61 di larghezza e non solo, ciò che rende tutto più incredibile è la sua altezza: 34 metri, praticamente come un palazzo di dieci piani. Questa è la navata gotica più alta di tutta la Gran Bretagna. (La più alta del mondo è quella di Beauvais in Francia)

Pavimento a scacchiera nero e bianco, lampade rosse disposte in maniera ordinata sul coro di legno e oro. Un colpo d’occhio davvero incredibile. L’architettura di questo luogo appare come un gigantesco dipinto.

Su 41 tra Re e Regine solo due ( Edoardo V e Edoardo VIII) non hanno ricevuto la corona seduti, come da tradizione, sulla storica Edward’s Chair, visibile sul lato destro a fondo navata.   L’ultima incoronazione si è svolta il 6 maggio 2023, protagonista: Carlo III mentre l’ultimo matrimonio è stato celebrato il 29 aprile 2011 ed era quello tra William e Catherine.

Se volessimo contare le sepolture non ci basterebbe un giorno intero. Affidandomi ad una guida con la voce squillante, pare che tra queste alte mura riposino più di tremila personaggi. Praticamente un cimitero più che un’abbazia.  Oltre ai sovrani che ovviamente vengono ricordati con sculture stupende, sulla pavimentazione delle navate laterali si leggo i nomi di Lord Byron, Henry James, Charles Darwin, Sir Isaac Newton, Stephen Hawking, Charles Dickens, Kipling e molti altri.

Per ricordare i grandi baffoni bianchi di Clemenceau, che nulla c’entra con questo luogo, concluderò con una delle sue battute meglio riuscite: “I cimiteri sono tutti pieni di persone insostituibili, che sono state sostituite”. Quanta gloria tempo e denaro spendiamo per coltivare la memoria, e quanta poca attenzione prestiamo alla realtà che viviamo. Nessuno potrà mai avere il genio di un defunto, a meno che non muoia anch’esso. Questa enorme chiesa è l’esempio tra i più lampanti di come il passato, in ogni sua dimensione, si trasformi in zavorra  sulle esistenze di tutti.

 

 

 

 

 

 

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