“Portobello Road,

Portobello Road

Quante stupende ricchezze ci son

Troverai ricordi di ogni generazion

Sulle bancarelle di Portobello Road

Si trova di tutto a Portobello Road”

Cantava così Angela Lansbury nello straordinario film Disney ‘Pomi d’ottone e manici di scopa’ mentre si aggirava insieme a David Tomlinson tra le bancarelle del celebre mercato.

Scendo alla fermata della metro Ladbroke Grove. Mi dirigo immediatamente nel punto indicato da google maps con la spunta a goccia di colore rosso e la macchina fotografica bianca al centro. ‘Punto di attrazione turistica’ recita l’icona non appena la sfiori col dito e, in effetti, questo portone blu cobalto incastonato tra delle doppie colonne tonde e bianche, è una delle porte più famose del cinema degli anni Novanta. Il film prende proprio il nome del quartiere ‘Notting Hill’ ed i giovani Julia Roberts e Hugh Grant misero in scena una delle storie d’amore più dolci del secolo scorso.

Mi guardo intorno cercando di scansare un paio di ragazze un po’ alticce (sono le otto del mattino) che barcollano su e giù dal marciapiede, arrivo all’angolo e, avendo raggiunto l’obbiettivo, faccio tacere la fastidiosa voce del navigatore.

Adesso, ad esser sincera, non so se sia colpa dell’enorme insegna (posizionata al posto del vetro superiore) che ‘sbiadiva’ (diciamo così) l’alone romantico del luogo… o forse…sarà stata colpa dell’uomo attempato che stava urinando tra le due colone di destra…fatto sta che decido di non scattare nessuna foto e, delusa, torno sui miei passi alla ricerca di qualche altro scorcio da immortalare.

Questo bel quartiere residenziale londinese, un po’ troppo ad ovest per essere incluso nella maggior parte delle cartine cartacee della città, è diventato negli anni uno dei luoghi più gettonati e costosi nel quale vivere. Il famigerato mercato dell’usato di Portobello Road, i negozi zeppi di curiosi articoli e piccoli tesori e le basse case dai colori sgargianti, lo rendono una delle mete turistiche più visitate.

‘E pensare un tempo qui era tutta campagna’ recita uno dei detti più simpatici dei nostri nonni, frase che probabilmente suonerebbe bene anche in bocca ad un anziano londinese, eh già, perché questo quartiere dall’animo frizzante, fino all’Ottocento, non era che la zona rurale della città. Fu solo all’inizio del Novecento che le case in mattoni e le vecchie fornaci vennero affittate ai nuovi immigrati caraibici e africani. La loro indole festaiola e il loro spirito allegro diede vita al quartiere che oggi conosciamo. Le facciate delle piccole dimore vennero infatti dipinte proprio da loro, utilizzando colori accesi per illuminare quella che doveva essere una delle zone più tetre e grige della periferia. Col tempo proprio questa nuova cromia color pastello diventò la caratteristica più apprezzata della zona.

Non è stato sempre un quartiere semplice però, negli anni Cinquanta i Teddy Boys (che di carino hanno solo il nome) fecero della loro intolleranza verso i nuovi abitanti africani una vera e propria rivolta. I ragazzi inglesi dai capelli ingellati furono protagonisti di uno degli scontri razzisti più violenti dell’epoca. Tutto finì presto fortunatamente e, proprio per sconfiggere le discriminazioni dal quartiere, venne organizzato il famoso festival di carnevale che, dal 1965 è palcoscenico di artisti famosi e allegria contagiosa dal ritmo caraibico.

Cammino lentamente gettando lo sguardo attraverso tutte le vetrine ridondanti di oggetti. Mai come in nessun altro quartiere di Londra l’andare lentamente è d’obbligo come qui. D’altronde ci si perde, anche non volendo, con la mente sgombra da pensieri, ci si ritrova ad osservare inebetiti l’architettura delle basse case tutte appiccicate tra loro, le persone strette in pellicce retrò, le bancarelle sopra i marciapiedi, le stampe e le litografie appese ai muri delle case, i cancelli aperti sui piccoli giardini abitati da enormi cespugli di rose, i caffè affollati che sfornano dolci al cioccolato e alla cannella, la musica degli artisti di strada seduti nelle piazzette defilate dalle vie centrali, le auto perfettamente parcheggiate negli stalli e i bambini tenuti per mano per non perdersi tra la folla.

Notting Hill non si può guardare correndo, va attraversato con la dovuta calma.

Scatto un paio di foto alla libreria che ospitò le scene cult del sopra citato film (purtroppo adesso è un tristissimo negozio di souvenir), compro l’ennesima sciarpa in cachemire tartan (acquisto obbligatorio ogni volta che passo di qui) e torno alla porta blu.

‘L’âgé qui pisse’ (i brussellesi mi perdoneranno) se n’è andato ma, ahimè, al posto suo ci sono un gruppo di campani intenti a fare un book fotografico.

“Dai adesso fammene una con Antonio! Antonio dai vieni!”

“Scatta!” “Aspetta fanne un’altra!”

“Ora tocca a me spostati”

“Facciamone una insieme”

“Chiama Francesco. Francescoooo!”

“Forza anche coi bambini”

“No adesso solo noi ragazze.” “Dai scattane parecchie che tu non sei buono a farle”

“Puoi farne una anche dall’altro lato?”

“Sedetevi però che non si vede la porta!”

“Dai facciamo dei selfie”

“Oh Gennaro ferma a quello che ci fai fare una foto!”

Mentre partecipo attonita al cabaret familiare mi viene in mente una battuta del film: “C’è qualcosa di strano in questo yogurt”. Sorrido e mi allontano.

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