Autore: Pico Iyer

Ovviamente è stato il sottotitolo ad indurmi in tentazione: “Come viaggiare stando fermi”. Emozionata e curiosa, leggo il primo capitolo e poi…mi ritrovo in un turbinio di nomi e citazioni che mi creano solo una gran confusione in testa.

I libri che citano altri libri danno buoni spunti di lettura ma, sostanzialmente, non dicono nulla. Ed è un po’ ciò che accade all’autore in questo breve saggio: riflette a voce alta su esperienze di vita personali e di altri scrittori come lui, gente che prova a fuggire dal tram tram frenetico per rifugiarsi nel “nessun dove” in cerca di felicità, serenità o pace. Ma cosa sia questo luogo non luogo non ce lo dice.

“…ai carcerati si insegna a meditare, ma solo affinché capiscano che all’interno della loro segregazione possono esistere spazi di libertà…”

É un’invito a star seduti, immobili, a non desiderare per forza un luogo diverso da quello in cui ci troviamo, così parrebbe, eppure il libro mi convince comunque poco. L’autore da bravo giornalista e viaggiatore, ha un parterre di amici da far invidia, ne cita alcuni tra i quali Ricard Matthieu, l’uomo di scienza che dopo un viaggio in Nepal, decise di fermarsi, abbandonare la carriera e gli affetti, e diventare monaco. Durante un loro incontro Pico gli domanda: -come affronti il jet lag?- E lui gli risponde: “…per me il volo è solo un breve ritiro in cielo. Non posso fare nulla, perciò è piuttosto liberatorio…”

Vorrebbe quindi essere un elogio al momento di pausa, al non far nulla, al non spostarsi, al concentrarsi sul presente, su noi stessi?

Metto il punto interrogativo perché, a conti fatti, non ho proprio ben capito dove andasse a parare.

Insomma, devo essere sincera, mi sono letta il libro con la sola voglia di finirlo il prima possibile per poter passare ad altre letture.

La frase che mi rimarrà più impressa, per assurdo, non è nemmeno scritta da lui ma dal matematico e filosofo Blaise Pascal: “…tutta l’infelicità degli uomini ha origine da un semplice fatto. Non sono capaci di starsene tranquilli nella loro stanza…”

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