Autore: Marco Rizzini
“Ti fissano stupiti come davanti a un elefante in corso Vittorio Emanuele…”
Le guide sul Pakistan si contano sulle dita di una mano e sono anche parecchio datate.
Per fortuna c’è ancora chi viaggia per aprire la mente, scoprire il mondo e descriverlo senza pregiudizi, pudori, malizia ed inutili orpelli.
“…eravamo i primi turisti zaino in spalla …Da quel famigerato 11 settembre il Pakistan è finito dritto sul libro nero dei cattivi. Da quasi vent’anni è uscito dai radar del turismo mondiale.”
Marco Rizzini, in compagnia della moglie e di un amico, si avventura in una terra dimenticata dai più e lo fa alla vecchia maniera: andando lentamente, fermandosi a parlare con la gente e meravigliandosi ad ogni nuovo orizzonte.
Nasce così un diario che ha un po’ il sapore di guida turistica e un po’ di dialogo storico-politico-economico. Un libro avvincente tra le cui pagine si ha quasi l’impressione di sporcarsi con la sabbia sollevata dalle jeep, di sentire il profumo della carne arrostita e il disagio trasmesso dagli sguardi fissi che sanno un po’ d’incredulità.
La confusione delle strade, la sporcizia dei bagni alla turca, l’accoglienza della gente, i militari armati che ti scortano, le donne col velo e quelle che non escono di casa, gli amuleti per avere figli, le moschee, i cartelli stradali in inglese, i taxi sgangherati, le strade strette su precipizi, il cibo speziato, le strette di mano, i selfie, il caldo soffocante, le lenticchie al limone, il tè con il latte condensato, la Festa del Sacrificio, il Fairy Meadows, lo Shangri-la e il Nanga Parbat conosciuta come la ‘montagna Killer’, le albicocche, i rubini, le grigliate al Melody Market, gli sguardi insistenti, gli abbracci calorosi, le scimmie che rubano il cibo , i matrimoni mancati, i posti di blocco, la strada cinese, gli aquiloni che volano in cielo e il grande cuore dei montanari.
Questo è il Pakistan.
Ammetto di non aver mai sentito nemmeno una persona dire: ‘quasi quasi quest’estate vado in Pakistan’ eppure, scorrendo le pagine di questo libro, il Paese a cui nessuno aspira, mi appare tanto difficile quanto bellissimo.
“Perché il Pakistan? …avevo voglia di vedere il regno dei “cattivi” con i miei occhi. Alla propaganda e alle banalità dei giornali avevo smesso di credere già in tenera età, quando mi accorsi che leggevo cose diverse da quelle che avevo vissuto sulla mia pelle….”
Questo diario di viaggio fa aprire gli occhi su diversi temi, alcuni dei quali si sa, sono difficili da affrontare in una società mondiale così in ebollizione come quella odierna, eppure, è sempre dannatamente utile confrontarsi e fermarsi a parlare persino degli argomenti più spinosi perché, può capitare, di cambiare opinione e di sviluppare quei rari doni che custodiamo dentro di noi: l’empatia, il rispetto e l’amore.
Credo che presentare un racconto che non sia già masticato da altri sia una delle grandi forze dello scrittore che, senza dubbio, ha voglia di confrontarsi e di guardare il mondo con i propri occhi.
“Dopo quasi due ore di jeep in cui siamo convinti di morire a ogni tornante, arriviamo al villaggio di Tato, l’ultimo avamposto raggiungibile da veicoli a ruote. Qui sembra di essere nelle retrovie del fronte, prima di un assalto alla trincea nemica…:”
Non mancano gli aneddoti ad alta tensione e quelli esilaranti che ogni viaggio porta con sé. Marco è uno scrittore talentoso e con le sue descrizioni si può immaginare tutta la magia impolverata del Pakistan.
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