Qualcosa come 500 foto scattate e quasi tutte perdute. Una delle visite più sudate (letteralmente) su questa splendida isola. Ricordo il vento caldo che mi entrava nelle narici, il sole a picco sulla testa che sembrava voler portarmi il cervello in ebollizione e una t-shirt così appiccicata al petto, da farmi vincere ad honorem il titolo di miss maglietta sudata edizione Sicilia.
Ad essere sincera, siamo così abituati a guardare le cose attraverso un piccolo schermo che, inizia ad essere difficile ricordarsi di un luogo senza scorrere le foto che lo immortalano, ad esempio… mi ero completamente dimenticata che Icaro fosse caduto e stesse davanti al Tempio della Concordia, sdraiato a terra come una lattina vuota abbandonata, con i suo pettorali scolpiti e le ali spezzate. Mi ero persino scordata lo stupore e la vampata di caldo al petto nel vedere il suddetto Tempio, datato 440 a.C., che si conserva nella sua quasi totalità. Quante persone avranno camminato, pregato (e sudato) intorno a queste mastodontiche colonne negli ultimi duemila anni?
In lontananza la città di Agrigento sembra quasi un miraggio, il nuovo e l’antico che s’incontrano, ma senza darsi la mano. L’intero parco conserva un fascino poetico, con la terra sabbiosa, i pesanti macigni addossati gli uni sugli altri, gli arbusti tondeggianti ingialliti dal sole e qualche albero basso dal tronco ondulato.
E proprio adesso viene in mente quel preciso istante in cui, volgendo gli occhi al cielo nel disperato tentativo di conquistare l’ultima goccia infondo alla borraccia, mi interrogai su quanto potesse essere meraviglioso restare sdraiata sui gradini di questo tempio a fissare le stelle la notte. Peccato non averlo potuto fare, ho però attraversato un enorme parco segreto. Uno di quei luoghi che non ti aspetti di trovare e che ti fanno sorridere non appena ci metti piede: il giardino della Kolymbethra. Tornato al suo antico splendore grazie alla FAI, è composto da terrazzamenti con rare piante da frutto come il melo siciliano, antichi ipogei (acquedotti) che venivano utilizzati per l’irrigazione dei campi e un vasto agrumeto con antiche varietà di arancio, limoni, mandarini, mandaranci, cedri, bergamotti, chinotti e pompelmi. Un profumo incantevole mi accompagna ad ogni passo dandomi l’impressione di galleggiare all’interno di una boccetta di profumo e vien quasi voglia di strusciarsi contro le ricche chiome di questi alberi per rubarne l’odore.
Altro che asfalto, tubi di scappamento e parcheggi su livelli, son passati secoli, sono scomparse civiltà eppure, i luoghi in cui vivevano un tempo sono sempre più fighi dei posti in cui viviamo noi ora.
Siamo proprio una società di idioti.
























