“Vuoi l’ombrello?”
“No, metto l’impermeabile.”
“Tu vuoi l’ombrello?”
“No, ho la mantellina?”
“E te? Ti serve l’ombrello?”
“No no, ho la giacca anti pioggia.”
“Allora si può sapere cosa me lo avete fatto portare a fare st’ombrello?”
Prendiamo la pletna (la tipica imbarcazione a fondo piatto) anche se il tempo non è dei migliori. D’altronde siamo arrivati fin qui per questo. A me e al mio cane viene riservato il posto a prora, il più scomodo ed il peggiore per fare le foto perché, purtroppo, non ho ancora sviluppato gli occhi sulla nuca.
“Daniè ma non ci danno i giubbetti salvagente?”
“Guarda che è come andare in gondola, hai mai visto i turisti a Venezia con il giubbotto di salvataggio?”
“Vabbè… tu non muoverti però altrimenti ci ribaltiamo!”
Kate Winslet potrebbe aver detto le stesse parole a Leonardo DiCaprio prima di farlo scivolare nelle profondità. Contrariamente a quanto richiesto provo a girarmi lentamente, con l’eleganza di un bradipo (di quelli vecchi e acciaccati) riesco a girare il collo di 100 gradi poi, faccio scivolare il piede sotto la pancia del cane, inclino il fianco di lato e provo a non incontrare gli sguardi contrariati di tutti gli altri passeggeri. Giunta in una posizione vagamente picassiana mi blocco e sollevo la pesante macchina fotografica portandomela difronte al volto. Sento di aver assunto una posizione talmente scomoda che solo se la donna cannone decidesse di cimentarsi in uno spettacolo di contorsionismo potrebbe replicarla, ormai ci sono però, perciò… trattengo il fiato come un cecchino al suo primo giorno di addestramento e, finalmente, scatto.
Il volto è imperlato da gocce di pioggia. Diluvia. Ma non ad acquazzone. Scende la stessa quantità d’acqua che vien fuori dai bocchettoni della doccia scozzese delle terme. Quella finissima, nebulizzata, quasi impercettibile e delicata che però, dopo tre secondi, ti ha bagnato anche i pensieri.
Al comando della pletna c’è un attempato omaccione dall’aria scontrosa che ad ogni remata corruccia le fronte per il grande sforzo e soffia via anidride carbonica e nervosismo. Ci vuole un bell’allenamento per non fermarsi nemmeno un secondo come fa lui. Non perde un colpo e sotto lo sguardo incuriosito ed ammirato dei viaggiatori, ci conduce sino all’attracco laterale dell’isola.
Gli alti alberi ci accolgono sudati, le foglie mosse dal vento si accordano con le gocce che cadono sull’acqua e ci regalano una delicata colonna sonora. L’unica piccola piazzetta è arricchita da un bar ed una chiesa. Il lato più lungo di questo slargo sarà di circa quindici passi. Al collo ho ancora la macchina fotografica che mi sembra più provata di una donna alla prima lezione di spinning.
Compro l’ingresso per la chiesa. (ed il prezzo è da folli!)
Stranamente non faccio discussioni con il ragazzo seduto dietro la cassa, credo che i tedeschi, i francesi e gli inglesi prima di me abbiano già sufficientemente fatto capire al giovane tutto il loro disappunto. (Adoro quando non sono l’unica a trovare inappropriato ed ingiusto qualcosa!) Pago senza dire nulla, o almeno non lo esterno a voce, entro nella piccola cappella e mi faccio scivolare dalla bocca tutto il mio rammarico: ‘minchia proprio soldi buttati!’
Avrei potuto lasciare la banconota da dieci euro per terra a sfaldarsi sotto il peso dell’acqua, mi avrebbe sicuramente dato più soddisfazione.
Vedo un paio di corde che scendono dal soffitto sopra l’altare e mi ci appendo come avrebbe fatto Tarzan dopo una colazione sostanziosa. Uso tutta la forza che ho e le campane offrono strazianti e cupi rintocchi a tutti quei coraggiosi visitatori infradiciati. Il divertimento dura poco più di dieci secondi.
Dopo esserci guardati nelle palle degli occhi per qualche minuto, riascendiamo verso l’attracco. Montiamo tutti con un’inaspettata agilità e, dopo aver oscillato un po’, ripristiniamo gli equilibri.
“Sacchi… tre!” Mi viene in mente la voce di Antonio Allocca nei panni del Professore nella serie televisiva ‘I ragazzi della terza C’. Ed è il voto che darei a questa isoletta. Poi mi guardo intorno, la costa è ancora lontana, l’acqua limpida scivola sotto lo scafo in legno, tutt’intorno la natura si affaccia curiosa su quello specchio verde dai mille riflessi e penso…”vabbè, avrò pure pagato troppo, ma tutta sta natura che c’entra?”
Beh a lei darò il voto di Borghese, diesci!
Consigli utili:
Il Jazz Bled B&B è un’ottima scelta, dog friendly, offre un comodo parcheggio sorvegliato e una ricca colazione. I proprietari sono persone squisite. A piedi in cinque minuti si raggiunge il piccolo supermercato della zona, la famosa pasticceria (provate la torta di Bled, si chiama proprio così il dolce tipico) e, con qualche altro passo in più, la riva del lago dal lato balneabile. Qui è presente anche l’attracco per il giro in barca lungo.
Il ristorante Spica, fronte lago, è delizioso. Servizio gentile e veloce, ampia scelta e buoni piatti.
Fate attenzione: il tour in barca parte da due attracchi diversi, uno accanto alla scultura a forma di cuore Blejsko srce (facilmente individuabile su qualsiasi cartina), la traversata dura venti minuti (venti andata e venti ritorno) è molto suggestiva ma l’attracco all’isola non permette di vedere la famosa scalinata d’accesso. Se volete fotografare quella, dovete prendere la barca dall’attracco Mlino Port poco più a Sud. La traversata durerà molto meno ma avrete la visione dell’isola dalla parte frontale.













































