“Che figo questo disegno! É un po’ sbiadito però. A te che sembra?”
“Boh, una cosa geometrica con una figura umana, sembra.”
“Sì hai ragione sembra, tipo una figura spigolosa, e questo invece? E’ un fiore che viene annaffiato? Non si capisce”
“Sì, vedi forse c’era qualcosa qui sopra tipo un cerchio o delle lettere ma è sporca la parete, non è rimasto molto.”
“Già è vero. E questo qui invece, che disegno è?”
“Danié, quello è un cazzo.”
“Ah.”
Allora, parliamone. Se non fosse per le pareti che ad un certo punto, senza preavviso, finiscono creando un vuoto di decine di metri sotto ai piedi, direi che questo posto sarebbe perfetto per eventi artistici.
Immagino musica dal vivo con casse che rimbombano sulle pareti lisce della montagna, fari luminosi multi colorati che inondano le vette e gli spigoli, quadri dipinti appesi ovunque, di varie dimensioni di centinaia di autori provenienti da tutto il mondo. Una specie di collage artistico in mezzo a quel che rimane degli scavi d’estrazione del marmo. Sarebbe davvero una figata! Vabbè sempre non considerando quel lieve inconveniente degli strapiombi.
Sull’ingresso, a dir poco incantevole, svetta ancora la vecchia insegna del proprietario. Il francese Jean Baptiste Alexandre Henraux che nel 1821 acquistò la cava ed altri parti di montagna restituendo così vita, a ciò che nel 1500 era stata la ‘particolare boutique’ di artisti del calibro di Michelangelo Buonarroti. Proprio lui fu il primo nel 1517 a scoprire i marmi di questa zona (Seravezza in provincia di Lucca) che hanno la particolarità di essere bianchi con striature grigie. Il primo blocco proveniente da questa cava scese a valle negli anni Sessanta del 1500, venne impiegato per la realizzazione della facciata di San Lorenzo a Firenze. Con Henraux la cava ormai in disuso torna a estrarre marmo arabescato che viene spedito in tutto il mondo. Tra le varie opere abbellite con questo pietra c’è ad esempio la cattedrale di Sant’Isacco di San Pietroburgo realizzata nella metà del 1800.
Guardo un’ultima volta in alto, prima di entrare nel lungo corridoio scavato, manca qualche lettera al grande pannello arrugginito ma ciò, conferisce un’aria ancora più decadente e misteriosa al luogo. Il passaggio che permette l’accesso all’area degli scavi ha una forma incredibile. Sembra la chiglia di una nave rovesciata, una nave immaginaria molto stretta e molto lunga, un po’ come le sottili gambe degli elefanti di Dalí.
Avendo già visitato altre cave, mi aspettavo un ambiente più geometrico e freddo. Gli arbusti verdi che stanno rivendicando il loro spazio hanno stemperato quell’atmosfera austera e nuda che ci si aspetta da una zona di scavi del marmo. Resta il silenzio a dominarla e l’incertezza della vita in un luogo che appare morto. I murales, che pare siano la particolarità di questo luogo, non sono molti e non sono nemmeno delle grandi opere lo ammetto. É l’insieme che crea il contesto, il sole rende la pietra di risulta incandescente, ma il marmo lisciato dagli ultimi tagli è invece fresco al tatto, nonostante i raggi s’infrangano su di esso.
Un luogo sicuramente particolare in cui il pensiero può vagare fuori dai soliti schemi.


























































