I cimiteri americani sono molto rigorosi, geometrici, ordinati. Tutti i fili d’erba hanno la stessa tonalità di verde e la stessa altezza. Quando ti trovi al cospetto di questa distesa di candide croci e stelle, tutte allineate e coperte come fossero ancora in schieramento, provi un leggero senso di disorientamento.

Perché mai visitare un cimitero monumentale? Perché la curiosità non ha un solo colore. Sì è bramosi non solo di conoscere una nuova melodia, di ammirare un dipinto, di camminare in una strada sconosciuta o di distendersi su un prato all’ombra di un albero; tutto e tutti possono insegnarti qualcosa, in effetti ciò che ci circonda può sbloccare un ricordo, far venire un’idea, strappare un sorriso o far scendere una lacrima.

In questo caso, sono i nomi di questi giovani ragazzi che hanno qualcosa da raccontare. L’ estremo sacrificio.

Passo in mezzo a loro cercando di non far troppo rumore e mi fermo qualche istante a leggere i loro nomi; hanno quasi tutti meno di venticinque anni, vengono da: New York, Alabama, Missouri, Illinois, Minnesota, Nebraska, Florida…tutti posti che vorrei visitare. Mi siederei qua accanto a loro per farmi raccontare quanto di bello c’è da vedere nelle loro città, nei quartieri che abitano, quali sono i piatti tipici o qual’è la mascotte della loro scuola. Non c’è niente di male a fare qualche domanda al vento. Del resto quasi ogni giorno ci chiediamo cose alle quali non sappiamo dare una risposta, non è poi così differente farle a qualcuno che non può risponderti. Quelle domande, milioni di domande, credo che restino tutte sospese in aria, come post-it che fluttuano indisturbati.

Attraverso il parco e arrivo nella parte finale del cimitero dove si trova la zona monumentale; noto che tra l’elenco di nomi incisi di nero su lastre di granito, ce ne sono alcuni con una stella di bronzo incollata vicino. Sono quelli i cui corpi sono stati ritrovati ed identificati, pochissimi in tutto, tutti gli altri restano solo nomi e memoria.

Se la morte fosse un vivere quieto,
un bel lasciarsi andare,
un’acqua purissima e delicata
o deliberazione di un ventre, io mi sarei già uccisa.
Ma poiché la morte è muraglia,
dolore, ostinazione violenta,
io magicamente resisto.
Che tu mi copra di insulti,
di pedate, di baci, di abbandoni,
che tu mi lasci e poi ritorni senza un perché
o senza variare di senso
nel largo delle mie ginocchia,
a me non importa perché tu mi fai vivere,
perché mi ripari da quel gorgo
di inaudita dolcezza,
da quel miele tumefatto e impreciso
che è la morte di ogni poeta.

Alda Merini, ‘elogio alla morte’.

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