“Bada lì! I remaioli!”
“Chi?”
“I remaioli.”
“Guarda che un si dice remaioli, si dice reNaioli.”
“Ma che senso c’ha? E remano, so remaioli.”
“Guarda che un’ remano mica.”
“Come un’ remano? Oicchettudici?!”
“E c’hanno i’ bastone un lo vedi?”
“I bastone…i remi…l’è uguale.”
“Un l’è uguale, e si chiamano reNaioli e basta.”
“Ovvia io l’ho sempre detto reMaioli t’arrivi te e tu voi cambiare!”
“Oh ciccia e tull’hai detto sempre sbagliato!”
I reNaioli nella prima metà del 1900 viaggiavano su piccoli barchini lungo i fiumi e si occupavano della raccolta della rena (cioè della sabbia, o della ghiaia dipende dalla zona) dal letto del fiume. L’edilizia si appoggiava proprio a questi operai specializzati per acquisire il materiale utile alla costruzione, essi si muovevano lenti con lunghi bastoni che servivano a sondare l’altezza del corso d’acqua.
Nel 1970 l’Arno fu dichiarato non balneabile. Dopo l’alluvione del 4 novembre 1966 la sporcizia ed i detriti erano arrivati a livelli altissimi. Il resto lo fecero le industrie, le sostanze tossiche e le microplastiche arrivarono in poco tempo ad inquinare sponde e fiume. Ci sono foto risalenti agli anni ’50 che ci mostrano bambini intenti a tuffarsi in acqua, (molti hanno mosso le prime bracciate proprio in Arno sotto la supervisione di nonni e genitori); le pescaie invece, poco distanti dal centro storico, venivano prese d’assalto da persone in costume che si sdraiavano a conversare sotto il sole caldo mentre, calma, l’acqua fresca scivolava lungo gli scivoli in pietra.
Peccato. L’unica cosa che abbiamo ricercato e perseguito nell’ultimo secolo è il denaro. E alla fine diciamolo, la moneta è l’unica cosa al mondo che non ha alcun valore. Ma tant’è, questa spasmodica caccia all’arricchimento non ha fatto percepire, né considerare, quanto stessimo distruggendo il nostro ambiente. Che poveri coglioni.
Perciò adesso niente più tuffi a bomba, niente nuotate tra una sponda e l’altra e niente sole in riva al fiume. Tutto si trasforma, e mai in qualcosa di migliore purtroppo. Per rinfrescarsi si va in piscina, e la draga meccanica ha fatto perdere il lavoro ai renaioli.
Da qualche tempo però questo antico mestiere è tornato a far parlare di sé, i renaioli hanno rimesso le barche in acqua e non per smuover la terra, ma per portare i turisti a vedere Firenze da un punto di vista insolito. Si tratta di un tour di poco più di un’ora, che passa sotto Ponte Vecchio e Ponte Santa Trinita. Sotto quest’ultimo, in posizione centrale da entrambe i lati, noto per la prima volta in vita mia, due teste di Capricorno. L’animale era uno degli emblemi di Cosimo I de’ Medici, la posizione in cui si trovano le due sculture è davvero particolare, è infatti impossibile scorgerle se si attraversa il ponte e se qualcuno non ci fa caso, non le nota nemmeno passeggiando lungo le sponde. La cosa particolare di queste teste cornute è che hanno due smorfie diverse. Quella che guarda a monte del fiume ha uno sguardo preoccupato, corrucciato, forse spaventato dalla possibile furia del corso d’acqua; quella che guarda al mare invece, ha un’espressione più tranquilla.
La storia di Ponte Vecchio è largamente conosciuta: il corridoio vasariano che gli passa sopra, le botteghe orafe succedute alle macellerie ed il fatto che non venne risparmiato durante le guerre mondiali. Sorte che invece non toccò al Ponte Santa Trinita che nel 1944 venne minato e raso al suolo dalle truppe tedesche. A fine del conflitto, venne presa una decisione del tutto particolare e decisamente lodevole: ricostruire il ponte esattamente com’era e dov’era. Vennero quindi recuperati i materiali e le pietre che componevano la struttura. Fu un lavoro meticoloso e formidabile che coinvolse benefattori e professionisti da ogni parte del mondo.
Vennero recuperate dal letto del fiume anche le quattro statue (rappresentanti le quattro stagioni) posizionate sui quattro angoli d’ingresso al ponte, tranne una testa: quella della Primavera. La storia della vicenda è davvero particolare. Furono stampati, per volere di un antiquario fiorentino, dei volantini che ritraevano la testa mancante recanti la scritta in inglese “Have you seen this woman? (Avete visto questa donna?)
Il commerciante offriva una cospicua ricompensa a chi fosse riuscito a ritrovarla: ben 3000 dollari. Perché in dollari? Perché era la Parker Pen Company ad offrire tale cifra e il volantino fece il giro del mondo poiché si pensava che fosse stata trafugata dopo il crollo.
Ci vollero 17 anni e un renaiolo per riportare la testa sul collo della statua. Non si sa chi sia il brav’uomo che restituì il pezzo mancante alla città, si sa però che non ricevette che poche migliaia di lire, eh già, perché nel frattempo i soldi della ricompensa erano stati devoluti in beneficenza.
Considerando la difficoltà dell’impresa e l’onestà dell’uomo, io avrei cercato di racimolare quanto gli spettava.
Ma si sa, l’Italia è un po’ così, come un fiume: basta aspettare che scorra un po’ il tempo, e non è più la stessa.





























































