Nemi è un delizioso comune arroccato su un poggio che domina un piccolo lago che porta lo stesso nome, Nemi appunto. All’apparenza sembra non avere nulla d’ interessante, i colori delle case sono sbiaditi, il centro storico ha l’aria trasandata e sgarrupata. Certo, una mano di vernice su quelle belle facciate a strapiombo sulle rigogliose e verdi coste dello specchio d’acqua non sarebbero affatto una cattiva idea ma si sa, come in quasi tutti i borghi del nostro ‘Bel Paese’, è l’atmosfera trasandata che dona carattere al luogo.
Qui la buona cucina è di casa, non è ancora l’ora di pranzo ma si sentono dei profumino deliziosi uscir fuori dalle cucine dei ristorantini fronte strada. Non possono mancare i prodotti tipici locali, cosa sarebbe un borgo italiano senza una produzione esclusiva che lo caratterizza? Qui ci sono ben due specialità: i salumi e le fragoline di bosco. Quest’ultime vengono impiegate in diverse lavorazioni: viene prodotto un liquore dolce, si possono acquistare fresche per uno spuntino salutare o, è proprio il caso di dirlo, dulcis in fundo: si possono gustare sopra una frolla riempita con una montagna di crema montata. Una vera goduria.
La via del corso attraversa anche la grande terrazza sul lago, dalla quale si può ammirare un panorama davvero splendido; a dire il vero non ci vuole poi molto a girare tutto il paese, ma la visita è comunque piacevole, ci si lascia trasportare da quella calma spensierata dei piccoli centri abitati dove le uniche file sono fuori dal fornaio, dove gli unici odori sono quelli delle pasticcerie e delle botteghe gastronomiche, e dove i bambini possono correre da una parte all’altra della strada senza dover tenere la mano ai genitori.
Essendo un comune annoverato tra le ‘bandiere arancioni’ del Touring Club, oltre a tradizione, qualità ed eccellenza dei prodotti, non poteva non nascondersi anche qualcosa di particolare. In questo caso si tratta di una leggenda su un Cristo ligneo esposto nel Santuario del Santissimo Crocifisso poco distante dal centro di Nemi. Pare che Vincenzo Pietrosanti da Bassiano, lo scultore che nel 1669 stava lavorando all’opera, ad un certo punto si allontanò, forse per prendere un caffè al bar o forse per andare a cogliere delle fragole nel bosco, fatto sta che al suo ritorno trovò il volto scolpito.
Artista: “Ao! Te giurò che ero annato a piscià e l’ho trovato così!”
Prete: “Se vabbè a coso! Ma chi ce crede!? Sei stato bravo punto. Ammettilo.”
Artista: “Ma no te dico che nun l’ho fatto io er viso!”
Prete: “E chi l’ha fatto, o’ Spirito Santo?
Artista. “Può essere, oppure è passato qualcuno e ci ha messo mano”.
Prete: ” Perpetua?! Perpetuaaa!? Donna Anna!”
Perpetua: “We! Ch’ alluccate!”
Prete: “Quante volte te devo da dì de nun parlà in napoletano che me fai girà er ca.”
Perpetua: “Don Lorè!!! Simm’ rint’ acchies’!”
Prete: “Vabbè vabbè dimmi…hai visto passare qualcuno mentre Vincenzo era ar bagno?”
Perpetua: “Nisciun.”
Prete: “Hai visto?! Che ti dicevo?! Ora finiscila con questa storia e metti tutti sti seghetti e scalpelli a posto, poi raccogli sti trucioli che hai fatto un porcaio qui a terra! C’è la polvere fino in sagrestia.”
Perpetua: “Ma perché v’è sparito qualcosa Visciè?”
Vincenzo: “No. Ma il volto non l’ho scolpito io, l’ho trovato così quando sono tornato e Don Lorenzo non mi crede.”
La perpetua si avvicina per guardare il volto del Cristo: “É bello assai.”
Vincenzo: “Lo so.”
Prete: “Lo vedo anch’io che è bello ma ‘sto matto dice che è opera dello Spirito Santo. Non diciamo puttan..”
Perpetua: “Don Lorè!”
Prete: “Uffa!”
Perpetua: “Over’ sigguard’ imman e iggamb’, stann fatt malament, magari da lassù, all’angopp’, qualcun l’ ha visto e aritt’ : ‘tengo u fisico na chiavich almeno la faccia facimmel bbuuona’.”




























