Dicembre. Un sole caldo ci conduce sino ai piedi dell’Acropoli. La dritta ferrovia separa il parco archeologico dalla strada dei ristoranti, gremita di gente e invasa da profumi invitanti. Il sito antico ha un giardino che si estende a perdita d’occhio. Ci troviamo all’interno di una delle Agorà più grandi e meglio conservate al mondo, luogo di ritrovo cittadino caratterizzato da diverse strutture che adempivano ai vari scopi sociali. Templi, mercati, altari, pinacoteche, piazze; se potessimo tornare indietro nel tempo scorgeremmo animali destinati alla vendita o al sacrificio, banchetti, uomini di cultura scambiarsi vicendevolmente idee e pensieri all’ombra di qualche albero, fedeli ammirare con lo sguardo all’insù le alte colonne dei templi. Le musiche e lo stridore degli zoccoli dei cavalli sul selciato non si odono più, c’è un piacevole silenzio interrotto da qualche flebile miagolio. C’è tanto verde, macchiato qua e là da candidi resti architettonici, e ci sono molti gatti che si nascondono ai turisti, bighellonano, si trascinano goffamente in giro, saltando tra un resto di colonna ed un capitello mezzo interrato.
La stoà di Attalo è incredibile. Sopra un colonnato lungo più di cento metri, si trovava il piano delle botteghe degli artigiani, una specie di mercato coperto, il centro commerciale dell’antichità. La zona superiore è inibita al pubblico, ma la parte coperta al pian terreno ospita delle sale museali all’interno delle quali ammirare oggetti e manifatture ancora intatte e a dir poco curiose (come il piccolo seggiolone/vasino per bambini). Passeggiare tra le due file di colonne parallele è senza dubbio la cosa più suggestiva da fare, i raggi del sole creano un gioco d’ombre geometrico ed il contrasto dei colori tra il soffitto in legno, le colonne color crema ed il verde del giardino antistante, produce la sensazione di trovarsi in un luogo irreale, scenico.
Infatti lo è, per così dire, perchè l’intera struttura è stata ricostruita nel 1951.
Poco distante c’è una solitaria chiesetta bizantina e, dall’altro lato del palco, su una piccola altura, il templio di Efesto. Questo sì che fa emozionare! Si tratta del tempio dorico meglio conservato al mondo. Relativamente piccolo, al suo cospetto appare come un gigante. Lo guardiamo girandogli attorno come naviganti che circumnavigano un’isola sconosciuta, come geometri che ispezionano una casa appena acquistata. Lo spiovente del tetto è crollato in alcune parti, il frontone non è più completo, alcuni gradoni sono stati spezzati, delle colonne sono state intaccate, il fregio è parzialmente annerito, lungo l’architrave dei timidi cespuglietti sono riusciti a trovar dimora ma, tutto sommato, uno degli edifici più affascinanti del V secolo a.C.
V secolo avanti Cristo, fa parecchio effetto pronunciare questa data, quanti anni sono? Intendo a ritroso da oggi. Considerando che lo hanno datato intorno al 450 a.C. sono duemilaquattrocentosettantacinque anni. Cosa può durare così tanto, oltre alla mia pazienza in alcune giornate in cui sono ampiamente tollerante?
Ah già…dimenticavo gli accendini usa e getta, le bottiglie di vetro ed i contenitori di plastica. E vabbè, vorrà dire che in un lontano futuro, allestiranno un bel museo a cielo aperto dedicato alle opere del 2000 dopo Cristo, magari non avranno la stessa poesia e la stessa importanza culturale, ma come si dice: ognuno è vittima dei tempi che vive.







































