Immagino la conversazione tra Yves Saint Laurent e Pierre Bergé alla fine degli anni Settanta.

“A’ Pierì viè un po’ a vede’ sto giardino. Che dici entriamo? Sta pieno pieno de piante! Guarda là che cactus enormi!”

“Ancora co sta fissa dei cactus? Te ne ho comprati ‘na ventina e so’ tutti morti.”

“Nun fa’ il cafone, te dico viè a vede’! Dai entriamo!”

“E vabbè Ivé, andiamo a vede’ sto parchetto. Che c’avrà mai di così speciale?”

…dopo qualche secondo di passeggiata nel lussureggiante giardino botanico…

“Ammazza Ivé ma lo sai che c’avevi ragione?! É proprio bello sto posto.”

“Te l’avevo detto Pierì, che dici, ce lo compriamo?”

“Amò nun è che tutte le cose che vedi e che ti piacciono le potemo comprà! E poi semo a Marrakech, chiama e risponni, stamo un po’ lontanuccio da casa, che dici? Quante volte pensi de venicce?!”

“Ma vuoi mette’ che meraviglia prendere il tè distesi su una coperta qui in mezzo al giardino, immersi in questo silenzio paradisiaco?”

“Ma se il tè manco lo bevi!”

“E dai Pierì suvvia.” Yves si avvicina a Pierre  e lo prende sotto braccio.

“Pieruccio, dai Pieruccio lo so che mi ami tanto, lo compriamo? Dai su lo compriamo che dici? Dai lo so che piace anche a te. Senti che silenzio, guarda che colori, non è un sogno? Dai Pieruccino ti prego.”

“Ah Ivè vabbene! Pijamo sto parco ma mollami il braccio che me lo stai a staccà!”

 

Fu così (credo) che la coppia di famosi couturier acquistarono nel 1980 questa incredibile residenza e il suo parco annesso. Il primo ed unico proprietario fino a quel momento era stato Jacques Majorelle, un pittore francese che agli inizi degli anni Venti si traferì a Marrakech. Era il periodo coloniale e l’artista che s’innamorò per primo di questi luoghi, riuscì a creare una specie di Eden privato intorno alla Medina. Piante di diverse specie, vasche colorate, fontane, sentieri di terra battuta ed una casetta, quasi nascosta dall’alta vegetazione, che è una vera e propria esplosione di colori.

Inutile dire che l’arredamento d’art nouveau, l’architettura moresca e le decorazioni berbere abbiano un gran fascino, ma quello che colpisce maggiormente è la vivacità dei colori e la sua unicità. Infatti dobbiamo proprio al pittore la creazione di questo nuovo blu, un po’ cobalto e un po’ oltremare, che prenderà il suo nome. (Blu Majorelle appunto)

Dal 1947, anno in cui il giardino venne aperto al pubblico, ad oggi, su questi camminamenti hanno passeggiato  quasi un milione di visitatori. Tutti col naso all’insù a scrutare la vetta delle rigide palme, incuriositi dalle forme armoniose e fantasiose di cactus giganti e inteneriti dalla grazia dei fiori colorati che nascon tra le spine.

Un tripudio di vita, senza dubbio il più elegante giardino botanico mai visitato. Cerco di fare una scorpacciata visiva di tanto splendore; non so se è la dimora colorata ad impreziosire il giardino o il giardino ad impreziosire il piccolo edificio, fatto sta che mi ritrovo ad immaginare come sfruttare gli ambienti: ‘qui ci metterei un tavolo per scrivere, qui un’amaca, e qui un forno a legna. Servirebbe una piccola piscina e magari qualche divano o delle stuoie con grandi cuscini morbidi, laggiù in fondo, vicino all’ echinocactus grusonii.’

Yves Saint Laurent deve aver amato parecchio questo luogo, così tanto da aver deciso di far riposare le sue ceneri proprio qui. I suoi resti vennero dispersi sulla terra del roseto ed un memoriale eretto su uno dei lati di questo giardino.

Il biglietto non è economico, gli stewards all’ingresso non sono proprio l’emblema dell’amichevolezza, ma la l’incanto di questo luogo merita di essere vissuto.

La conversazione iniziale è frutto della mia fantasia. Non intende schernire nessuno, tantomeno la coppia di stilisti più invidiabile (per l’amore durato cinquant’anni e non per il patrimonio) del panorama mondiale.

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