Questa magnifica villetta si trova nella tranquilla Hampstead, una delle periferie di Londra a parer mio più carine. Questo è uno dei tre musei dedicati alla memoria di Sigmund Freud. Gli altri due si trovano a Vienna (casa in cui visse), ed a Pribor (casa in cui nacque) , questa di Londra invece è la casa che acquistò dopo esser fuggito in esilio da Vienna durante le persecuzioni naziste e nella quale visse il suo ultimo anno di vita.

Il padre della psicanalisi, è così che viene subito riconosciuto da chiunque pronunci o senta il suo nome. Fu proprio Sigmund ad introdurre questo nuovo tipo di sedute nelle quali il paziente poteva parlare liberamente senza pensare a cosa dovesse dire ma lasciandosi trasportare dal flusso di pensieri, dall’associazione di idee diciamo così.

Assumere consapevolezza dei propri pensieri inconsci e risolvere i disagi consci, è questo che si prefiggeva di fare.

Me lo immagino nel suo studio mentre riceve il primo paziente della giornata.

Si toglie il cappello, lo appoggia sul lato della scrivania. Scosta la sedia dal tavolo e ci si siede sopra sistemando carte penne e piccoli oggetti sparsi sulla superficie.

“La prego si accomodi” dice con voce gentile all’uomo in piedi difronte a lui. “Si sdrai pure là sopra” ed indica a braccio teso il divano.

“Li ha battuti?”

“Chi?”

“Cosa chi?”

“Che vuol dire ‘cosa chi?'”

“Lei ha detto ‘chi?'”

“Sì perché lei ha detto ‘li ha battuti’?”

“Ahhh. No… io intendevo i tappeti. Le stavo chiedendo: li ha battuti i tappeti? No perchè sono allergico alla polvere o forse agli acari o…via diciamo a tutti e due ecco.”

“Non si preoccupi sono puliti, adesso si accomodi, si sdrai, si rilassi e mi dica tutto quello che le passa per la mente senza pensarci.”

“No veramente dottore, quando sono stati puliti questi tappeti? Perché a me viene uno strano prurito e certe volte tossisco anche..”

“Ho detto che sono puliti, non si preoccupi, si sdrai per favore.”

L’uomo inarca un po’ la schiena, divarica leggermente le gambe poi le piega, muove la testa e cerca di sistemare i cuscini laterali che premono sul fianco. “Ok dottore va bene….vediamo…da dove cominciare….”

“No! Le ripeto: non deve pensare a cosa dirmi, deve tirar fuori le cose che le passano per la mente senza pensarci.”

“Ah ok ho capito, quello che mi passa per la testa?”

“Esattamente.”

“Hmmm…Un secondo…così a bruciapelo devo pensarci un attimo.”

“Noooo! No. Ho detto di no! Non deve pensarci altrimenti non tiriamo fuori i pensieri inconsci. Lei inizi a parlare dicendo solo le prime cose che le vengono in mente. Ha capito?”

“Sì ok, solo cosa mi viene in mente. Senza pensarci.”

“Sì esatto. Vada, cominci pure.”

“Acari.”

 

La casa non mostra tutti gli ambienti, non si possono visitare cucina, bagno, ed altri ambienti ma il suo studio è qualcosa di incredibile, una ricca collezione di libri e statuette in pietra riempiono la stanza. Il divano è probabilmente la star del posto ma anche il cappello le scarpe e il famoso cappotto con il quale viene spesse volte ritratto non sono da meno.

La camera della figlia Anna al piano superiore nasconde altri piccoli tesori ed il giardino, ohhhh il giardino è qualcosa di incantevole, uno spazio completamente nascosto alla vista dei vicini, silenzioso e ricco di profumi, ne sono completamente estasiata, affascinata, innamorata…mi siedo sulla poltrona in legno e mi abbandono all’aria fresca del mattino. Guardo la casa dal basso verso l’alto, il muro in mattoni, le finestre bianche, i lunghi comignoli.  Immagino di acquistarla e di passare pomeriggi felici in questo rilassante giardino seminando fiori e leggendo libri, poi mi viene in mente una frase di Freud: l’amore è il passo più vicino alla psicosi. “Oh cazzo”, mi alzo di scatto, “sarà meglio andare”.

 

 

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