Una donna scavalca i due ragazzi accucciati a terra sfiorando col piede la macchina fotografica appoggiata su di un piccolo treppiedi.

“Signora dove sta andando si fermi!”

La donna non risponde e fa qualche passo avanti.

“Signoraaaa!” dice con voce grossa uno del gruppo.

“I limoniii” mi viene da sussurrare mentre faccio capolino tra la sparuta folla di fotoamatori.

La donna dopo aver proseguito noncurante, al terzo richiamo finalmente si ferma e volta lo sguardo all’indietro.

“Signora non vede che non sta passando nessuno? Stiamo facendo delle foto, può aspettare qualche secondo come tutti gli altri?”

“Ah non avevo capito, vabbè devo raggiungere mio marito, vado veloce dall’altro lato.”

E mentre tutti sbuffano guardandosi intorno in cerca di sguardi alleati con i quali lagnarsi, la signora procede lentamente.

La vedo del tutto a suo agio in questo lungo corridoio vuoto. Gli scacchi del pavimento sembrano brillare coi raggi del sole che entrano dalle grandi vetrate bianche. Pare che i passi siano sempre più lenti, i ragazzi in ginocchio iniziano a sentire la scomodità della posizione e si alzano in piedi senza distogliere mai lo sguardo da quella minuta donna.

“Ma che sta facendo?” dice irritato un uomo alle mie spalle.

La signora si ferma ad osservare le porte finestre ed i soffitti con la stessa attenzione che userebbe un architetto al primo sopralluogo per i restauri.

“Signoraaaa! Si muova!”

Anche dall’altro lato delle persone attendono che la donna esca definitivamente dalla scena ma lei, impavida, si mette a scattare selfie sorridenti proprio al centro del salone.

I mormorii si fanno più insistenti, la gente inizia ad essere stanca dell’attesa e vuole rompere le file di fotografi che bloccano il passaggio, io inizio a trovare simpatica quella buffa persona che se ne frega altamente di tutti e, per evitare di ridere e dedicarle un applauso del tutto controproducente, esordisco da dietro le barricate con voce decisa: “Signoraaa, guardi che sono iniziate guerre per molto meno!”

La signora riesce ad individuarmi tra tanti volti e ci scambiamo un sorriso, adesso sente il peso di tutti quegli occhi fissi su di lei, accellera un po’ i suoi passi e si fa finalmente largo tra il gruppo che attendeva sulla soglia dall’altro lato del corridoio.

Adesso possono finalmente tutti avere la loro foto della lungo corridoio vuoto.

La galleria grande è senza dubbio il fiore all’occhiello di questa gigantesca residenza sabauda. All’interno vengono allestite così tante mostre che si finisce per perdere la cognizione del tempo. Io ho potuto visitare il museo dei giochi, foto d’autore, antichi giocattoli, manifesti teatrali, strane installazioni, opere dal valore milionario, videogiochi di ultima generazione e ricostruzioni di ambienti degli anni Ottanta. Una carrellata di arte allo stato puro.

Le stanze arredate hanno un’abbondanza di stucchi bianchi e oro e potrebbero essere la degna copertina della pagina Instagram ‘case pacchiane’. Non ho capito il motivo per cui le pareti sono rivestite da tendaggi monocromo. Di una bruttezza unica, l’unico che ci avrà guadagnato da questa scelta sarà stato il tappezziere, non certo l’immagine o il buon gusto. Quando finalmente esco dal palazzo per visitare i giardini, mi sembra di averci passato una vita. Il parco, che nel 2019 è stato proclamato giardino pubblico più bello d’Italia, mi delude un po’. Il caldo ha ingiallito i prati, ci sono poche aiuole in fiore che danno colore all’ambiente, i pavoni sono rinchiusi in una gabbia piuttosto sporca di modeste dimensioni ed il trenino che prendo per poter ammirare il posto nel minor tempo possibile, alza un gran polverone. Nonostante la vastità e la geometricità che si può ammirare dalle finestre alte del palazzo, mi è piaciuto veramente poco.

Una delle cose più carine di questa residenza è il colore del tetto. A scaglie come fosse la pelle di un pesce, con la luce del sole assume sfumature dorate, argentee e verdi.

Il tempo di visita stimato è di tre ore ma le ho abbondantemente superate quando ancora ho da visitare la chiesa e le scuderie. Faccio qualche foto ai finti cavalli imbrigliati di cuoio e oro che trainano meravigliose carrozze finemente realizzate.

Pare che all”inizio degli anni Duemila, il restauro della Reggia sia stata la più imponente opera di conservazione di un bene culturale mai realizzata in tutta Europa. Più di cento mila metri quadri di interni restaurati e qualcosa come dieci chilometri di stucchi recuperati. E pensare che quando i Savoia la fecero costruire nel XVII secolo, era solo per avere un posticino in campagna dove poter fare le battute di caccia.

 

 

 

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