Arrivi all’aeroporto dopo 38 ore di viaggio: 3 metropolitane, 2 treni, un volo, un altro treno, altri 2 voli e… ti scappa la pipì. 

Allora ti togli gli zaini li appoggi all’ ingresso dei bagni ed entri e poi pensi “a danie’ ma che cazzo fai, qui mica siamo in Giappone, qui le borse se le fottono!” Allora con la tristezza nel cuore cerchi di incastrarti nei bagni stretti e sporchi, dove non si capisce se le donne piscino a terra o sia la tazza a perdere acqua. Ovviamente la porta apre verso l’interno da questa parte del mondo, dove la logica sembra venir meno il più delle volte. E allora metti la gamba destra nell’angusto bagno, fai entrare la prima borsa, l’altra si incastra nella maniglia a pomello, tiri, senti il polpaccio che batte contro la tazza, ti scendono dei brividi lungo la schiena. Tiri con più decisione lo zaino e lo fai sbattere contro la parete di plastica che vibra, poi riesci a fare una piroetta sulle punte e finalmente puoi chiudere la porta sbattendotela sul fianco che (ahimè) sporge un po’ troppo. 

Pensare che i giapponesi nonostante siano più piccolini, hanno fatto i cessi con le porte che si aprono verso l’esterno. Ingegnosi vero?!

Poi vai verso il ritiro bagagli,  dove un signore distinto solleva la valigia pesante facendola roteare fino a sbattere sulla gamba di una delle donne accalcate vicino il nastro trasportatore “stia più attento cazzo!” “E tu spostati puttana!”.

Eccoci qua. 

Il rientro nel bel paese. Dove persino chi ha appena concluso un viaggio  si sente aggressivo e stressato. E la mia tristezza si tramuta in sofferenza. 

Ricordo l’ arrivo all’aeroporto di Tokyo. L’ addetto al nastro trasportatore, con i suoi guanti bianchi gira le pesanti valige in modo da mettere la maniglia frontalmente per facilitare la presa a chi la deve scaricare.

E nessuno si avvicina! Tutti a debita distanza, seduti in poltroncina si alzano solo quando devono prendere il proprio bagaglio. 

Perché questo manca di più al rientro a casa, l’ ordine e l’ assoluto rispetto per tutto e tutti. 

Ecco qualche informazione.

Il popolo giapponese é il più educato che abbia mai conosciuto sino ad ora. 

Indossano la mascherina quando hanno il raffreddore per non contagiare gli altri.

Sui mezzi pubblici non si parla, tanto meno al telefono. Il silenzio regna sovrano, per dare la possibilità a chi deve riposare o leggere di poterlo fare in santa pace.

I conducenti di ogni mezzo pubblico indossano i guanti bianchi, taxi, metro, treno e autobus. Nelle stazioni è impossibile perdersi, sono a prova di mentecatto e, se dovessi scoprire di essere un imbecille cronico, potrai chiedere comunque informazione a uno dei milioni di addetti che trovi in ogni angolo. Non sai se prendere quel binario metro? Chiedi all’ addetto in divisa. Non sai se l’ ascensore arriva al tuo binario? Chiedi all’ addetto in divisa. Non sai se quell’autobus va nella direzione che ti occorre? Chiedi all’ addetto in divisa.

Non ti stupire se si inchinano continuamente. Persino i ragazzini lo fanno quando si incontrano tra di loro. Niente abbracci o batti 5. Un bel sorriso e giù con mezzo busto.

E ti sorprenderai ancora una volta quando, addormentata in metro con cellulare e portafogli in mano, ti sveglierai con cellulare e portafogli in mano. Assurdo! 

Anche alle una di notte puoi girare da sola in metro, con quella sensazione di sicurezza che ti fa sentire in pace con l’ universo.

In Giappone nonostante ci siano da coprire lunghe distanze e si lavori duramente e per molte ore, la fretta non sembra esistere. Hanno tutti molta pazienza. In fila alla cassa, o sul marciapiede, nessuno proverà a superarti o a sbuffare. E non farti vedere insofferente o se ne accorgeranno e risulterai uno dei tanti turisti esasperati e, non verrete visti di buon occhio.

Saluta nella loro lingua, non gridare in piazza, alzati per far sedere un anziano e rispetta la fila e riceverai piccoli origami in segno di gratitudine per il rispetto dimostrato oltre a sorrisi tenerissimi e inchini reverenziali.

Oltre a questo lato, simbolo di una società che appare perfetta, ci sono le stranezze di un popolo da “cartone animato”.

 Sono letteralmente malati di fumetti e videogiochi. 

Persino i cartelli stradali, le impalcature, o le insegne dei lavori in corso ritraggono personaggi a cartone. 

Colori ovunque, gattini, cagnolini, buffi personaggi cicciosi.  

Grattacieli pieni di bamboline di ogni tipo e dimensione di tutti i cartoni animati o manga esistenti. 

L’effemminato poi va di moda. Una delle categorie più ricche al pari di geishe e cantanti  adolescenti, sono i giovani accompagnatori. Con quelle sopracciglia rifatte, le acconciature più orribili che abbia mai visto e quel viso da bambolina di porcellana, i maschietti accompagnatori girano in Ferrari e guadagnano centinaia di migliaia di euro al mese. Si trovano nel quartiere notturno di Tokyo dove discoteche e locali di ogni tipo, al calar della notte, illuminano le strade con i loro neon psichedelici. 

Continuerei raccontandovi del cibo, della diversità tra nord e sud, dello sguardo fiero della gente di Hiroshima e della bellezza delle campagne adornate dalle piccole casette in legno e i riokan. 

Ma sarebbe troppo lungo.

Quello che posso consigliarvi è di fare un salto nel paese del rispetto. Per vedere come si vive sapendo che chi hai accanto non potrà mai neanche pensare di farti del male. 

(Ps. Non esistono nemmeno le parolacce!)

Spero di aver preso un po’ del loro carattere zen ma, purtroppo, so già che dopo i primi 10 minuti nel traffico cittadino tutta questa magia scomparirà. 

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