Autore: Jon Krakauer
Un giovane, appena terminati gli studi, abbandona casa amici affetti e averi, per andare alla ricerca della libertà e del senso dell’esistenza. Lo fa raggiungendo l’Alaska, luogo in cui voleva rifugiarsi in una vita immersa nella natura, dove purtroppo però, trova la morte.
La quarta di copertina riporta: ” un numero sorprendente di persone è rimasto colpito dalla vicenda di vita e morte di Chris McCandless…alcuni lettori ammiravano molto il ragazzo per il coraggio e i nobili ideali, altri lo definivano un idiota imprudente…”
Io faccio parte degli ‘altri‘.
La cosa che mi sorprende di più di tutta questa storia è come si riesca, tramite l’opinione pubblica e i giusti imbonitori, ad elevare o affossare un essere umano.
Del resto l’unica certezza è che le parole ‘storia vera‘, attirano sempre. L’elemento umano non va mai sottovalutato, solo tramite gli errori o le vittorie altrui, sembra si possa decidere come manovrare la propria vita. Era forse per questo che i ladri venivano messi in pubblica piazza? É per questo che vengono date delle divise ai carcerati o a chi è sottoposto ai lavori forzati? Non sarà per questo che esistono premi e medaglie nei più disparati settori sociali? Dallo sport, al cinema, alla letteratura sino alle spunte blu accanto al nome sui social.
Non importa a nessuno se sei bravo o intelligente, l’importante è che si pensi che tu lo sia. Se qualcuno pensa di te che sei la più esperta nel curare le foglie dei cactus, la gente accorrerà a te con le piantine grasse in mano, non perché sa che sei la più brava, ma solo perché dicono che tu lo sia.
É questa quindi la società in cui viviamo? Una società dove eroi e mostri sono offerti in pasto all’avida massa che non si fermerà un solo istante ad ascoltare, leggere o comprendere. Si schiererà immediatamente facendo propri dei pensieri che nemmeno nel silenzio più assoluto e con uno sforzo di concentrazione disumano la sua mente avrebbe mai partorito.
Spettatori, non siamo altro che spettatori. Per questo siamo spinti a sbirciare la vittima di un incidente stradale, ci fermiamo a contemplare il volto in lacrime di una donna che è stata appena rapinata e facciamo quotidianamente scorta di disgrazie propinate da tv e giornali.
Mi correggo… fate scorta. Perché io resto, anche in questo caso, dalla parte degli ‘altri’.
Esistono così tanti eroi in questo mondo che non possiamo nemmeno immaginare di contarli; uomini e donne che ogni giorno lottano per qualcosa di profondamente giusto eppure, tra tutti, capita sovente che qualcuno venga estratto dal mucchio e fatto uscire come da una macchina della lotteria per essere messo sotto i riflettori.
Io dico: Stronzate.
Mi rendo conto di andare spesso contro corrente, per dirla tutta, ho trovato orribile il libro Siddharta che da tre generazioni sembra l’unica cosa interessante pubblicata sul Pianeta, e ho trovato parecchio discutibile il Gabbiano Jonathan Livingston.
In generale…mi sembra assurdo come, storie che raccontano disgrazie, siano sempre le più lette e le più premiate. Pare che si debba essere alimentati solo da brutture per andare avanti. Cosa siamo diventati? Dei vampiri che se vedono la positività e la bellezza del Sole si liquefanno?
Nel libro viene citato Thoreau, uno dei pensatori che amo di più, ma paragonarlo a questo ragazzo mi sembra una mossa più che azzardata.
Non tutti quelli che scappano di casa perchè vogliono inseguire la libertà disconoscendo la società sono dei Thoreau. Avremmo il mondo pieno zeppo di Thoreau. Ce ne sono una miriade di giovani e meno giovani che disconoscono a vari livelli alcune o tutte le regole sociali, ce ne sono milioni che vorrebbero essere liberi, o felici, o liberi e felici, riscoprendo il naturale contatto con la Terra e le sue creature.
L’idea non è un esempio. Sono i fatti a costruire l’esempio.
Il disobbediente non può avere solamente un’ideale, deve avere un piano. Se non lo si ha, cercar di concretizzare un pensiero sarà solo un’irrazionale ricerca del nulla.
Ricordate la bellissima storia di Julia Hill, l’attivista ambientale che ha vissuto sopra una sequoia gigante per 738 giorni, (1997- 1999)? Lei è l’sempio perfetto di idea che si sposa con l’azione. Poteva protestare, scrivere reclami, manifestare, organizzare girotondi, interviste con i giornali locali oppure… salire sul grande albero e resistere.
Christofer non era affatto organizzato, non aveva il suo ‘piano’, anzi, non sapeva minimante cosa stesse facendo. Si rallegrava nel trovare umanità, collaborazione e gentilezza e mi domando: possibile non avesse mai visto queste doti in altre persone prima? Ha scoperto l’arte dell’arrangiarsi e la determinazione, cose che più o meno devono (loro malgrado) assaporare circa il 70% degli adolescenti nel mondo. Ha incontrato la paura della morte e ha scoperto quanto sia preziosa la vita, proprio come lo scopre chiunque subisca incidenti, malattie o disgrazie.
Forse lui non cercava qualcosa, lui fuggiva da qualcosa. E se fosse così, allora la storia non andrebbe scritta sulla sua vicenda, ma sulla società che aveva incontrato sino al giorno prima di partire, quella società nella quale ha vissuto fino all’istante in cui decide di dar via tutti i suoi risparmi, lasciare casa, amici e progetti di studio, per raggiungere un remoto luogo dove solo freddo e alberi lo avrebbero accolto.
Forse, come spesso accade, dietro la copertina c’è tutta un’altra storia.








