Autore: Angela Terzani Staude

“…E gli inchini? Quanti bisogna farne? «Non c’è limite», dice Reiko, già assonnata. «Finché l’altro s’inchina, continui a inchinarti anche tu. Sempre inchinandoti cerchi di allontanarti…Siamo un po’ ridicoli, noi giapponesi.»”

A fine lettura la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: il sottotitolo di copertina è davvero forviante, se non addirittura fuori luogo.

Già, perché le parole “Incanti, enigmi e contraddizioni”, fanno pensare ad un diario di viaggio nel quale, tutto sommato, il Giappone ne esca vincitore. E invece…non c’è pagina nella quale la Staude non riesca a trovare la giusta conversazione che dia sfogo ad un pensiero costante: questo paese è tremendo.

“…A Hong Kong un tassista mi ha detto: «A me i giapponesi non piacciono perchè hanno le gambe corte. La gente con le gambe corte ti vuole dominare. Io non faccio mai amicizia con qualcuno che sia più basso di un metro e mezzo»…”

“…Un antiquario di Ginevra, appena tornato da un viaggio in Spagna, diceva… «I giapponesi non si comportano da concorrenti, ma da conquistatori…per questo dobbiamo tenerli fuori dai nostri paesi.»…”

“…«É vita, questa?» si chiede Mike Shapiro, un giovane americano che vive a Tokyo e sta scrivendo un libro sull’uomo-salario giapponese. A guardarmi attorno mi chiedo pure io se questo paese sia ancora adatto all’uomo…”

“…«I giapponesi non conoscono né il bene né il male, né il giusto né l’ingiusto. Conoscono soltanto l’idea del pratico», diceva l’altra sera padre Thomas Immoos, un vecchio religioso svizzero che per decenni ha insegnato all’Università Sofia di Tokyo….”

Angela passa cinque anni in Giappone, dal 1985 al 1990 e, nelle prime righe di questa sua raccolta di appunti giornalieri, descrive in poche battute tutto il suo disagio rispetto ad un mondo in evoluzione : “…non ci siamo mai tolti di dosso l’impressione che quella vita non fosse fatta per noi. Non fosse fatta neppure per i giapponesi. Non fosse fatta per l’essere umano. Avevamo visto il futuro e non funzionava.”

Love hotel, elezioni politiche, viaggi d’affari, religione, cene con diplomatici, gite nella campagna giapponese, matrimoni, cerimonie, attività scolastica, tradizioni secolari e usanze rubate, sicurezza cittadina e nuovi mostri dell’urbanistica in costruzione, relazione tra moglie e marito, arte e giornalismo d’inchiesta. C’è un po’ di tutto, diversi fatti e molteplici informazioni. D’altronde non potrebbe essere altrimenti, la scrittrice gravita in un universo fatto di mercanti d’arte, ambasciatori, presidenti di banche, titolari d’aziende, giornalisti, scrittori, professori universitari, uomini facoltosi e politici. Siede al tavolo con chi la storia la costruisce e non la subisce. Con persone che possono persino permettersi di parlare male del proprio paese perché, come sottolinea lei in qualche passaggio, più in alto di loro non c’è nessuno.

“…Le cifre dei depressi, dei nevrotici, degli ammattiti aumentano, come aumenta il numero di quelli che scompaiono o «evaporano», come dicono qui. Nel 1987 diecimila persone sono scomparse sia dalla famiglia sia dal posto di lavoro con la preghiera di non essere ricercate…. In ogni treno della metropolitana c’è un matto…”

E se, dopo questa breve recensione, gli amanti del Giappone e della loro cultura storceranno un po’ il naso, con profondo rammarico devo ammettere che alcune chiavi di lettura offerte da dinamiche sociali ed economiche qui presentate, sono incontrovertibili. Il mondo è fatto di stati che fanno a gara l’un con l’altro per avere l’egemonia non solo politica e monetaria, ma anche sociale. Le regole si possono imporre, ma le tradizioni non si possono cancellare. Abbiamo sbagliato tutto. Nessuno può assomigliare a qualcun’altro, e nemmeno dovrebbe; quello che viene additato e combattuto come diverso, arricchisce in realtà il tessuto sociale mondiale e continuando a snaturare questi elementi, regnerà inevitabilmente il caos.

Spero sia questo il concetto che la scrittrice voleva far passare, in caso contrario, che ognuno legga questo diario di viaggio con l’interpretazione che più gli è congeniale, ogni pensiero vale, a seconda di cosa più aggrada, come nell’arte d’altronde, ognuno dà all’opera il proprio significato.

“…Il Giappone che delizia il viaggiatore con i suoi piccoli segreti, che lo affascina con la perfezione di tanti dettagli, confonde invece chi ci vive a lungo. C’è qualcosa di artefatto, di non libero, di non compiutamente grande in questa cultura, per cui si finisce per non amarla veramente, direi quasi per non rispettarla…”

 

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