Autore: Agatha Christie
“Girare il mondo fu una delle cose più straordinarie che mi siano mai capitate.”
Inizia così questo lungo viaggio in compagnia dell’Agatha più famosa del mondo. A differenza di altri suoi racconti di viaggio questo è una raccolta di lettere scritte alla madre durante tutto il suo peregrinare, un genere di libro che non amo affatto ma, le sue descrizioni sono sempre simpatiche e ricche di particolari e ci sono moltissime foto a corredo che arricchiscono notevolmente l’intera raccolta.
Siamo nel gennaio del 1922 quando la scrittrice lascia l’Inghilterra per farvi ritorno a novembre dopo un fantasmagorico tour che la porterà in SudAfrica, Australia, Tanzania, Nuova Zelanda, Honolulu, Canada e New York. Facile viaggiare se è il governo a pagare per te alberghi e trasporti. Già perché quella che per Agatha è un’occasione d’oro che coglie al volo, per il primo marito, Archibald, non è altro che lavoro. Lui e il suo collega si spingeranno in ogni territorio dell’impero britannico per prendere importanti accordi commerciali e logistici in vista dell’imminente ‘Esposizione dell’Impero Britannico’ che si svolgerà nel 1924.
(E poi uno dice che i viaggi di lavoro non sono divertenti!)
Agatha è una donna molto curiosa, simpatica e con grande spirito di adattamento. Si cimenta nel surf, si tuffa in mare ogni volta che le è concesso, è ben voluta da tutti gli ospiti e intrattiene lunghe conversazioni con chiunque. La cosa più esilarante dei suoi racconti sono i commenti sugli altri passeggeri delle navi, non so se i parenti di queste persone abbiano mai letto questo libro, ma sono certa che, se lo facessero, ne sarebbero piuttosto colpiti. (diciamo così!)
“…sono seguiti cinque minuti terribili in cui io e la Principessa abbiamo cercato di fare conversazione. Lei è nota in tutto il Sudafrica per essere in grado di dire soltanto «ah, sì»….”
“…per me cenare con la signora Hiam è snervante: mi riempie di domande sciocche. …l’altro giorno mi ha detto quattro volte che era assurdo che in Sudafrica ci fossero un Llandudno e un Clifton, «proprio gli stessi nomi che si trovano in Inghilterra!». Io le ho fatto notare che si trattava di un fenomeno piuttosto usuale nelle colonie, ma lei ha ripetuto: «esattamente gli ‘stessi’ dell’Inghilterra!», e sembrava convinta che fosse un caso inequivocabile di telepatia! Però (riferito alla famiglia Hiam) si sono affezionati molto a me. Stiro i vestiti loro, spiego che tram prendere per tornare in hotel, e quando giochiamo rimescolo e distribuisco le carte per loro, tutte facoltà che proprio non riescono ad acquisire!…”
Cosa succede in questa lunga avventura? Di tutto: mal di mare, gite in battello tra coccodrilli, tuffi in piscine naturali di acqua calda termale, hotel di lusso, alberghi puzzolenti, maremoti, feste danzanti, bombardamenti, scioperi, visite alle piantagioni di canna da zucchero, di ananas, di papaya, di banane, alle miniere d’oro, di diamanti, fabbriche di cioccolato, gite in treno, corse in auto, lezioni di hula-hula, passeggiate nei musei, cene luculliane e picnic bucolici, incontri bizzarri e conversazioni noiose, caldo, freddo ed infatuazioni amorose. Insomma, un viaggio in piena regola in compagnia di una simpaticona sempre entusiasta che non disprezza i souvenir e l’artigianato locale, la frutta fresca, le buone chiacchiere e che smania (letteralmente) di dedicarsi a nuove esperienze, sport e cibi; a New York ad esempio, si fa accompagnare in un fast-food perché in Inghilterra non esistevano ancora e lei voleva provare a tutti i costi come fosse mangiare in un ristorante del genere. Insomma, per dirlo con un coro da stadio: “Una di noi! Agatha Christie, una di noi!”
“…Potevo permettermi di alloggiare in hotel, ma erano i pranzi e cene a essere molto costosi. Elaborai un buon piano: avrei fatto della colazione il mio pasto principale. Costava un dollaro. … L’avrei fatta giù al ristorante, prendendo tutto quello che c’era sul menù, …pompelmo, e a volte papaia, torte di grano saraceno, frittelle con sciroppo d’acero e uova con la pancetta. QUndo finivo mi sentivo piena come un boa constrictor, ma riuscii a non demordere fino all’ultima sera….”










