Fa parecchio caldo.
Partiti da Nazca, abbiamo percorso in auto circa trenta chilometri, di cui ventinove in mezzo ad un territorio semidesertico, con sconfinate pianure interrotte talvolta da basse collinette color crema.
Guardiamo tutti fuori dal finestrino mentre l’auto sfreccia lasciando la sua scia di povere in coda. Ad un certo punto, vedo il volto di Cristo sul fianco di un’altura.
“Guarda, Gesù!”
“Daniè si chiama Josè”
“Ma chi?”
“La guida.”
“Chi se ne frega della guida! Io dico proprio Gesù!” indico col braccio teso fuori dal finestrino il volto scolpito sulla roccia.
“Ma dove?” Si sporgono tutti verso la stessa direzione mentre Josè, nonostante non abbia capito nulla, rallenta.
“Io non vedo nulla.”
“Nemmeno io lo vedo.”
“Cristo fermati un attimo!”
“Ma perché Daniè ora lo vedi pure muoversi?”
“Ma no! Dico a Josè.” Gli faccio cenno di stopparsi.
“Adesso lo vedete? Laggiù in fondo, sull’ultima collina a ore dieci. La rientranza in alto è l’occhio sinistro e l’altra un po’ più scura è quello destro, poi la sporgenza sotto è il naso, si vede benissimo, e da qui si vede un po’ male perché siamo andati troppo avanti ma ci sono anche la bocca e i lineamenti del volto.
“Daniè quante foglia di coca ti sei ciucciata?” Ridono tutti.
Tranne Josè.
Sta guardando nella direzione sbagliata.
“Idiota! Aspetta che faccio una foto così vi faccio vedere sul telefono.” …
Dopo una lunga discussione e varie inutili zoommate su ipotetici zigomi di roccia, ripartiamo tutti un po’ confusi.
Sopratutto Josè.
Autista ma anche eccellente guida. Devo ammetterlo. Ci ha portato in un sito archeologico a cielo aperto esteso per più di due km e completamente deserto. I turisti non si spingono fino a qui e la cosa, nonostante la suggestione dello stare completamente da soli in un luogo così particolare ed antichissimo, ci fa molto dispiacere.
Questa necropoli è unica al mondo, è composta da una dozzina di buche tombali restaurate, ma ce ne sono probabilmente altre decine sparse lungo il territorio desertico e ancora non scoperte. Si riescono a intravedere dei leggeri avvallamenti del terreno che, con molta probabilità, nascondono altri resti, altre stanze funerarie. Il governo però non stanzia abbastanza fondi per i beni archeologici e comunque, proseguire gli scavi significherebbe anche rischiare di compromettere i resti ancora sepolti da centinaia di anni.
Pare che questo luogo sia opera di una civiltà che risiedeva su questo territorio più di mille anni fa. I resti di manufatti e gli scheletri in perfetto stato di conservazione ne confermano la datazione.
Stretti corridoi e buche quadrate, circolari o rettangolari si aprono davanti ai nostri piedi. Le mummie sono accovacciate sulle pareti di pietra delle fosse. Non nascondo che faccia un certo effetto guardarle. La prima cosa che colpisce sono i capelli lunghissimi, pare li facessero crescere fino a riuscire ad arrotolarcisi dentro. La folta chioma poteva servire anche per la fabbricazione di corde resistenti o intreccio di tessuti. I corpi appartengono a donne uomini e bambini, ci sono persone seppellite da sole e interi gruppi familiari probabilmente deceduti tutti contemporaneamente per omicidio o per malattia. Accanto a loro, appoggiate a terra, ci sono ceramiche e altri doni che venivano sotterrati coi defunti in segno di omaggio alle divinità. Frutti, ortaggi, metalli, conchiglie e persino lama (sono state ritrovate ossa dell’animale in parecchie sepolture).
Mi sento un po’ in soggezione a fare le foto. Non è la prima volta che mi trovo in un cimitero, e ho già immortalato lapidi e tombe, ma trovarmi al cospetto di un mucchio di mummie ancora non mi era mai successo. Mi sembra quasi di esser di disturbo.
Il tetto in canne e legno a protezione dei resti, mi ricorda i chioschi improvvisati sulle spiagge pugliesi degli anni Novanta. Mi stupisce il fatto che nessuno abbia saccheggiato questo sito archeologico o che la Natura con le intemperie non abbia rovinato l’intera area. (qualche tempo fa in effetti si allagò tutto e restò chiuso per un anno intero)
Questo cimitero è davvero uno dei luoghi più assurdi mai visitati: è lontano dalla civiltà, il telefono non prende, non c’è nessuno a visitarlo, è tenuto benissimo, camminando fuori dal circuito turistico disegnato a terra da piccole pietre bianche si scorgono, sotto la sabbia, frammenti di ossa o addirittura ossa intere e pezzi di ceramiche che affiorano timide.
Mi sembra davvero assurdo camminare a qualche centimetro da materiale del millennio scorso, ma eccomi qui. Forse, come diceva Einstein, il tempo non è altro che un’illusione.



























