Autore: Andrea Mattei
C’è bisogno di qualcuno che ti dica cosa mettere nello zaino? A quanto pare sì e pensavo lo scrittore facesse sul serio. Prima di iniziare a sfogliare le pagine mi ballava nella mente una domanda: cosa avrebbe eliminato dalla lunga lista di oggetti che la gente trova irrinunciabili e che a mio avviso sono solo zavorra? Come ad esempio la piastra per capelli, le ballerine da sera con i brillantini o due boccette di smalto per unghie perché ‘non si sa mai, se mi si sciupa come faccio?’. Finalmente una visione al maschile su cosa portarsi dietro quando si decide di lasciare casa per un po’. Almeno così pensavo fosse impostato il libro. Ed invece….
“…l’arte di camminare è togliere. Togliere peso ai pensieri e liberarsi della zavorra che ci lega alla vita di tutti i giorni…”
O porca miseria. Mi rendo subito conto che non mi trovo davanti ad una guida pratica come il titolo del resto sembrava suggerire, bensì ad una descrizione degli oggetti che nello zaino non possono mancare come: le scarpe, una matita, il coltellino svizzero, la spilla da balia e la lente di Fresnel che, diciamocelo, non mi era mai nemmeno venuto in mente di portarmi dietro.
“Amore dove hai messo lo shampoo?”
“Tra i tappi per le orecchie e la lente di Fresnel.”
Non ho mai sentito una frase del genere.
Tuttavia devo ammettere che la lettura non è poi così spiacevole, anzi inciampo in alcune curiosità che non conoscevo come ad esempio: la nascita del cerotto, che viene attribuita ad un marito premuroso che nel 1920 ne improvvisa uno per la moglie. Si tratta di Earle Dickson la cui consorte, decisamente maldestra, si procura quotidianamente dei tagli in faccende domestiche. Allorché il premuroso marito s’ingegna medicandola con della garza, crinolina e nastro adesivo. Il furbo Wood Johnson (della Johnson & Johnson) capisce il potenziale del nuovo prodotto e lo lancia subito sul mercato.
Superata pagina cento ormai il mio destino era segnato, non avrei mai capito cosa togliere dallo zaino anzi, avrei dovuto aggiungere altre cose che prima non avevano mai fatto parte del corredo di viaggio. E allora che fare? Dovrò continuare a provare e riprovare a fare a meno di cose che tanto, restano sempre in valigia.
Come scrisse Paolo Rumiz “…è un esercizio continuo di riduzione: mi piace la metafora della mongolfiera, bisogna liberarsi delle zavorre perché il miglior viaggiatore è colui che parte leggero….”








