Autore: Annamaria “Lilla” Mariotti
Quando si dice: “Minchia ma dove abiti? In culo ai lupi?” oppure “Scusate il ritardo ho parcheggiato in culo al mondo!”, o ancora…”Oh ma quanto ci vuole ad arrivare? Stiamo andando a casa del Diavolo?”…ecco …non ci sono modi di dire più azzeccati per posizionare geograficamente l’isola di Tristan da Cunha.
Vincitrice del Guinnes dei Primati nel 1998 come “la più remota isola abitata del mondo”, è l’isola più difficilmente raggiungibile del Pianeta. Almeno tra quelle abitate.
Incuriosita da questa pazzesca realtà, decido di scoprire la sua storia. L’autrice di questo corposo volume ha fatto lavoro di ricerca d’informazioni davvero capillare e dettagliato, ci presenta così, in maniera molto puntuale, tutto ciò che è accaduto a quest’isola dal 1500 ad oggi. Ne viene fuori un’attenta ricostruzione (a tratti un po’ pesante) che narra le imprese delle centinaia di flotte navali che durante i secoli hanno cercato di avvicinarsi alle coste, alcune con successo altre invano.
Tristan da Cunha è l’isola più grande di un arcipelago che si trova in mezzo all’Oceano Atlantico, tra il Sudamerica e il Sudafrica. Se provate a cercarlo su Google Maps, dovrete restringere parecchie volte lo schermo prima di riuscire a far scomparire l’azzurro delle acque ed avvistare terra. La sua forma è molto particolare infatti sembra un cerchio perfetto al cui centro svetta, con i suoi duemila metri, il vulcano The Peak.
Viene avvistata per caso nel 1506 quando una flotta di tredici vascelli proveniente da Lisbona guidata dall’ammiraglio Tristão da Cunha, a causa di una terribile tempesta viene sballottata fino quasi alle coste dell’Antartide. Inevitabilmente persa e in serie difficoltà, riesce a cambiare rotta e ad allontanarsi dal quel freddo glaciale. Dopo giorni di tribolazione, affrontando terribili venti, la flotta ‘inciampa’ su questo isolotto sconosciuto. A tutti i marinai e sopratutto all’ammiraglio Tristão da Cunha parve la loro salvezza.
La scoperta dovrebbe essersi svolta più o meno così:
“Ammiraglio Terra!”
“Ma icchettudici? Dove?!”
“Laggiù a ore 9!”
“Ore 9?! Marinaio lo sa che il mio orologio è rotto! Mi indichi dove la vede senza fare lo sbruffone! Perdincibacco!”
“Laggiù Ammiraglio!”
“Ma dove? Dietro quella montagna?”
“Ammiraglio, è quella l’isola!”
“Ah ecco! Ha ragione marinaio!…Ciurma terra!! Terraaaa! Forza avviciniamoci marinaio!”
Dopo un paio d’ore…
“Perchè non ci stiamo muovendo?”
“Ammiraglio pare che ci siano troppe alghe Kelp a protezione dell’isola, hanno tentacoli così lunghi che rischiamo di rimanerci incastrati.”
“Che palle marinaio! Va bene allora viriamo e andiamo via, però… la chiamiamo con il mio nome!”
“Ma ammiraglio l’ho avvistata io per primo!”
“Sì, ma solo perché io non stavo guardando in quella direzione!”
“Ma che cosa significa?!”
“Che io sono l’ammiraglio e quindi decido io! L’isola si chiamerà Isola Tristan de Cunha, punto!”
Passarono 150 anni prima del primo approdo. Varie Compagnie delle Indie battenti diverse bandiere, avevano tentato l’approccio alla bella solitaria dell’oceano ma invano, fino al 1656 anno in cui venne completata una spedizione di ricognizione da parte di una nave olandese. Gli uomini che sbarcarono descrissero un luogo deserto con poca vegetazione, abitato da una miriade di foche, pinguini, leoni marini e con acqua potabile a volontà.
Divenne presto il teatro di numerose uccisioni di animali che, purtroppo, venivano cacciati per ottenere pellicce e olio da vendere in Cina. Certo, se sei un pinguino e te ne stai per i cazzi tuoi su un’isola in mezzo al nulla tuffandoti tra le onde e prendendo il sole caldo sulle rocce della costa… e poi…all’improvviso…appaiono dal niente un gruppo di uomini che in poco più di tre mesi ti fanno fuori più di settemila amici e familiari…direi che un po’ le palle ti iniziano a girare.
Per fortuna ad un certo punto le battute di caccia finirono e il 1800 fu la vera svolta. Il secolo, a quanto pare, non ha sfornato solo geni e talenti, infatti i quattro disperati di cui parlerò tra poco erano un bel pò fuori di testa.
É il 1810 quando due americani un inglese e un livornese decidono di andare su un’isola deserta. Sembra l’inizio di una barzelletta ma la storia andò proprio così. Furono questi quattro uomini a dormire per primi sotto il cielo stellato dell’isola. Durarono poco in effetti, l’americano con manie di comando decise che l’isola era sua e ne diede notizia a tutto il mondo ma, per cause del tutto sconosciute ma intuibili, nel giro di poco tempo morì insieme ad altri due. Rimase in vita solo il livornese, un certo Tommaso Corri che al primo passaggio di nave prese baracche e burattini e tornò in patria.
Corri non fu l’unico italiano a vivere sull’isola, infatti tra i sette cognomi che da secoli popolano questo paese (Glass, Swain, Green, Rogers, Hagan, Repetto e Lavarello) ce ne sono due di origine ligure.
Il libro scorre e io mi appassiono sempre di più. Tra le pagine trovo commoventi storie d’amore, (ce n’è una così bella e tenera che se qualcuno della Paramount mi sta leggendo, sono certa la tramuterà in un film), ci sono carestie, costruzioni con materiali trovati in mare, persone che vanno e che restano, momenti di paura e di felicità. Sembra uno di quei videogiochi dove dal nulla devi costruire il tuo regno e lo fai passando dall’età della pietra all’età dell’informatica conquistando, mossa dopo mossa, dei capi di bestiame, del cibo, stoffa per i vestiti e costruendo utensili, carri, mobili, case, scuole e ospedali.
La cosa bella è che, a differenza del videogioco, qui sull’isola ci sono antiche tradizioni che non sono scomparse malgrado lo scorrere dei secoli ad esempio: le donne del villaggio aspettano sempre gli uomini sedute al porto lavorando a maglia la lana delle loro pecore e non se ne vanno sino a quando gli uomini non abbiano fatto ritorno.
Qui a Tristan da Cunha non esistono malattie, bugie, ritorsioni, rivalità, ingiustizie o crimini, basti pensare che nel 1967 venne assunto il primo ed unico poliziotto, arruolato al solo fine di curare la burocrazia utile a chi voleva partire o attraccare sull’isola, non ha nemmeno la divisa e la cella del posto di polizia non è mai stata utilizzata. L’antico motto degli abitanti è ed è sempre stato la loro regola di vita: comunità e uguaglianza!
Dopo aver letto la sua storia quest’isola mi sembra proprio il luogo perfetto in cui vivere.
Nel 2008 sono state stabilite le regole ferree alle quali chiunque voglia visitare l’isola deve attenersi; c’è da dire che il viaggio per raggiungerla non è affatto una passeggiata.
Mi viene in mente il film dello straordinario Ricky Gervais “The invention of lying”, ambientato in una città nella quale nessuno diceva bugie perché le bugie non esistevano. Tristan da Cunha vive allo stesso modo: nulla di brutto può accadere perché nessun abitante ha la più pallida idea di cosa sia un comportamento scorretto.
Sarebbe proprio bello andarci per essere anch’io, almeno per qualche mese, una tristaniana.








