M’immagino già la folla in delirio, che nemmeno ai concerti di Madonna.

Questa chiesa di trova a Terni (Umbria) e risale al 1618 anno in cui, all’interno della stessa, furono traslati i resti del corpo di San Valentino che adesso riposano all’interno della teca trasparente sotto l’altare.

Ogni anno il 14 febbraio centinaia di coppie di innamorati e fedeli si ritrovano qui per festeggiare il loro amore, o almeno è quello che penso. Due aiuole a forma di cuore vicino l’ingresso mi rendono fiduciosa.

Immagino già delle casse d’amplificazione collegate alla chitarra del maestro di catechismo che pompano a tutto volume fuori dal portone, petali di rosa ricoprono la lunga strada pedonale che porta all’ingresso, schiocchi di baci e lingue intorcinate tra i palati. Qualcuno prova a far scivolare una mano lungo la schiena dell’amata per palparle il fondoschiena ma viene redarguito dal duro colpo del bastone di un’ottantenne devota. E poi eccoli tutti in fila per due, mano nella mano come si faceva alle elementari quando si doveva entrare in mensa, allineati per guadagnare l’entrata ed un posto sulle strette panchine. I ‘ti amo’ si sprecano e i cestini della questua si gonfiano. Forse non solo quelli.

Eppure sono arrivata a quasi 40 anni senza sapere perché gli innamorati festeggiano proprio il giorno di San Valentino. Facile. Nel I sec. il Vescovo di Terni divenne famoso poiché celebrava matrimoni che andavano contro il volere degli imperatori romani. All’epoca infatti i cristiani erano perseguitati ma, a Valentino importava un accidente del volere degli imperatori e così,  per primo,  celebrò le nozze tra un legionario romano e una donna cristiana. Poteva esserci testimonial più perfetto di lui?

Il povero Vescovo all’età di 97 anni (benedica!) venne decapitato da un soldato romano per volere dell’imperatore Aureliano. Il suo corpo fu seppellito da alcuni fedeli proprio qui, dove si trova la basilica a lui dedicata e, dopo più di 1500 anni,  ricordiamo ancora le sue imprese da cupido rivoluzionario.

Continuo a pensare al 14 febbraio… vedo già la piazza gremita di gente in delirio che si spintona chinandosi a terra per raccogliere più petali rossi possibile nemmeno fossero biglietti da dieci dollari. Vedo facce contorcersi dal dolore mentre i poveri alluci sono schiacciati da insolenti tacchi a spillo; vedo cravatte dai nodi storti e trucco alla Moira Orfei. Se mi concentro un po’ sento puzza di lacca per capelli e aliti alla nicotina. Dopo il passaggio della folla in festa a terra rimangono unghia finte, ciocche di exstension, alcune ciglia in pelo di vacca coi brillantini e una moltitudine di fazzolettini zuppi di lacrime. Che scena pietosa.

E pensare che io quest’anno aggiungo un’altra tacca alla mia cintura. Ebbene sì: festeggio il mio 38esimo San Valentino in singolitudine. Sono un fottuto genio! Com’è successo non lo so, è capitato, anche quando avevo un compagno il 14 febbraio c’era sempre qualcosa di meglio da fare ad esempio: lavorare, o star male (dissenteria, febbre, coliche, andava bene qualsiasi malattia debilitante) oppure, succedeva di litigare poco prima per far pace poco dopo. Insomma, la grande fabbrica dei cuori rossi, torte al cioccolato, mazzi di fiori e peluche rosa col sorriso stampato, da me, no ha mai visto un centesimo!

Se non è una tradizione la mia, allora cosa lo è?! Ci sono ormai così affezionata che mi farebbe quasi girare le palle se qualcuno  all’improvviso decidesse di interromperla. Sarebbe come dire ad un bambino che Babbo Natale non esiste, mi toglierebbe tutta la magia! In fondo, se proprio qualcuno avesse intenzione di farmi un regalo o dirmi ti amo, avrebbe altri 364 giorni a disposizione per farlo. O sbaglio?!

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