Non posso negarlo, a me i paesi piccoli piacciono molto più delle città. Non c’è confusione, si respira aria pulita, si mangia bene,(qui a Greve ad esempio producono dei salumi deliziosi, ottimi primi piatti, piatti di carne e vino rosso che innaffia ogni pasto) i negozi del centro hanno solo artigianato locale e prodotti di qualità, si trova sempre parcheggio e, solitamente, tutto il paese è abbracciato dal verde, boschi campi coltivati o montagne non fa alcuna differenza, la natura bussa alle porte del borgo come una brava vicina di casa.
Però… c’è sempre un però dopo una sviolinata… però io, non ci vivrei mai.
Sono più che certa che se dovessi uscire a comprare dei pomodori e un pacco di pasta, sarei costretta a star fuori almeno un’ora. E questo soltanto perché per mia fortuna non fumo e non leggo quotidiani, se così fosse, per un paio di commissioni in più, riuscirei a schiacciarci minimo minimo due ore e mezzo.
La questione è che, nei piccoli centri abitati si conoscono tutti per nome e se mentre cammini per strada non saluti uno per uno tutti quelli che incontri… o ti considerano una gran maleducata o ti prendono per sociopatica. Praticamente se vivi in una piccola cittadina è vietato avere le giornate storte, essere assorti in qualche pensiero o avere le palle girate per qualsiasi motivo x.
E allora eccomi con la breve lista della spesa in mano che esco dal portone nell’istante preciso in cui l’anziano Franco attraversa la strada trascinandosi dietro il piccolo cane dal pelo arruffato.
“Oh Franco buongiorno!” Son costretta a gridare sorridendo.
“Ciao bellina!”
E poi che fai? Non ti fermi un secondo ad accarezzare il cane?
“Bello Rocky dammi la zampa! Bravo cane!” Segue doverosa grattata dietro le orecchie.
Guadagno nuovamente il mio marciapiede e con una ventina di passi appena, sfilo davanti a: macelleria, fioraio, cartoleria, merceria e in ultimo, agenzia immobiliare.
“Ciao Carlo che bei polli t’hai messo in vetrina stamani!”
“Oh Iole icchè tuffai le ghirlande per il matrimonio dei milanesi? Oh sta corona appoggiata all’uscio dichillè? L’è mica morto qualcuno?”
“Gianna, Mariuccia, come vu state? Fa caldo oggi è?! Son di corsa, mi fermo domani promesso, così compro un paio di quaderni.”
“Lorenzo tucciai sempre il telefono in mano! E un si vendono da sole le case!”
Poi, dopo aver detto più parole di quante ami dirne in una settimana intera, sarei costretta ad attraversare la strada e, a quel punto, le persone da salutare si moltiplicherebbero esponenzialmente dovendo ahimè passare davanti a bar e parrocchia. Darei vita alla sagra dei saluti inutili e ai falsi sorrisi di circostanza, pronuncerei altre frasi fatte, altre domande sulla salute dei miei concittadini dei quali sinceramente non me ne può fregar di meno e mi ritroverei ad elencare tutto il repertorio classico sui commenti inerenti il tempo: ogni anno fa più caldo, ogni anno fa più freddo, non ci sono più le mezze stagioni, il callo lo diceva che sarebbe piovuto.
Che palle.
É ufficiale.
La vita da borgo è incompatibile con la mia mancanza di propensione a fare salotto.
Se passate da Greve però fermatevi a mangiare un tagliere di salumi e formaggi. Come si dice da queste parti: l’è mondiale!















