In Palazzo Vecchio a Firenze e precisamente nello strabiliante salone dei Cinquecento, c’è una statua che mi fa troppo sorridere. Si tratta di quella rappresentante Ercole e Diomede scolpita in maniera magistrale da Vincenzo Rossi da Fiesole, scultore fiorentino del 1500.

Dare forma al marmo è una tra le cose più incredibili che un uomo possa fare; da pochi anni ne apprezzo la poesia, l’energia e il valore. Le statue, fredde per natura, hanno così tanta forza e potenza che al sol guardarle ti emozioni. La loro superficie liscia ricrea fedelmente muscoli, espressioni facciali, la fatica dei movimenti, le articolazione tese o contratte e l’abbandono delle carni. Nonostante la loro immobilità mastodontica sono a dir poco sublimi, come poche altre opere sanno esserlo.

‘Ercole e Diomede’ è una scultura di una bellezza ineccepibile ma ha un dettaglio che catalizza l’attenzione, un piccolo particolare della lotta tra i due.

Allora, andiamo per gradi, la vicenda si svolge così: dopo aver ucciso il leone di Nemea, l’idra di Lerna, catturato cervi cinghiali e tori, per l’ottava fatica al povero Ercole gli viene chiesto di rubare le cavalle di Diomede. Allora Ercole, con i suoi fedeli compagni, approda in Tracia, s’impossessa delle cavalle, le carica sulla nave e poi…scoperto dai Bistoni (l’antica popolazione che abitava la Tracia) viene fermato proprio mentre cerca di scappare. Allora Ercole affida le cavalle al suo fedele compare e da valoroso guerriero qual’è, inizia a lottare contro gli aggressori. Adesso cosa succede, visto che Diomede non era proprio l’ultimo dei cretini anzi della Tracia lui era il Re, scese in campo insieme agli altri per difendere onore e cavalle.

Confesso che i particolari della lotta a me non sono chiari ma, se la logica mi assiste, essendoci state altre quattro prove dopo di quella, mi sa che Ercole sconfisse il Re.

Forse (e dico forse) Vincenzo lo scultore era molto più informato sui fatti, ribadisco forse, ha voluto rappresentare proprio il momento finale di quel duello mitologico, l’istante in cui Diomede dice ad Ercole “Brutto bastardo restituiscimi le cavalle” e lui, un po’ affaticato per lo sforzo ma con voce dura risponde “Sono già salpate a Diome’ fattene na’ ragione e mo’ attaccati al ca..” e a quel punto, sentendosi profondamente offeso, il Re lo prese alla lettera.

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