“…Un’estate al mare
Voglia di remare
Fare il bagno al largo
Per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-oni
Un’estate al mare
Stile balneare…”

La voce di Giuni Russo, che voleva andare ad Alghero in compagnia di uno straniero, è il vero ritmo estivo, altro che musica latinoamericana che dura una stagione e poi viene rimpiazzata da un’altro nuovo brano, identico.

Mi sento come un presentatore anni Ottanta, grido trascinando le vocali per un tempo indefinito e allungo il braccio come se volessi concedere il palco ad un grande ospite. “Ecco a voi iiiiiiiil mareeeee”, nemmeno i dj di periferia avrebbero saputo fare di meglio.

Confesso: da piccola ero una vera fan del mare. Il tempo di spogliarmi e appendere la maglietta sdrucita sulle aste dell’ombrellone e correvo subito verso il bagnasciuga. Immergere prima l’alluce per verificarne la temperatura era cosa da anziani, io mi tuffavo direttamente e lasciavo che i capelli lunghi si aprissero a ventaglio sull’acqua appiccicandosi poi al viso.

“Venite è caldissima” gridavo salterellando come una molla nel tentativo di riprendermi dallo choc termico.

La giornata passava così: nuotata a rana, corsa all’ombrellone per prendere l’elastico per i capelli, poi in sequenza: tuffi a delfino, verticali sulle mani e capriole una dietro l’altra fino a quando non mi entrava l’acqua nel naso.  Una decina di colpi di tosse mentre mio padre gridava “Brava! Inala l’acqua del mare che fa bene così non ti viene il raffreddore tutto l’anno”.

E mentre il bagnino mi fissava con un piede avanti e l’altro dietro cercando di capire se poteva essermi utile o no, io alzavo i pollici  in direzione di papà e con ancora l’acqua che mi colava dalle narici mi rituffavo a capo fitto sul fondale. Poi… nuotata fino alla boa, corsa sotto l’ombrellone per prendere la maschera, nuotata a dorso, corsa sotto l’ombrellone per prendere il boccaglio, nuotata a stile libero, capriole, verticale, corsa all’ombrellone per posare maschera e boccaglio, nuotata sgraziata stile cane che affoga, tuffi, poi corsa all’ombrellone per riprendere la maschera, ricerca subacquea di tesori nascosti (mai trovato nulla), nuotata, tuffi, verticale, capriole…. “Vuoi uscire dall’acqua che hai le mani come una vecchia?!!”

Col tempo questo amore per il mare è diminuito, ci siamo allontanati quando l’idea della prova costume è diventata una regola di vita fondamentale per la società. La spiaggia si è trasformata: da divertimento e relax a luogo di vita mondana nel quale fare sfoggio di sé.

Quindi guai a non avere il costume dell’ultima collezione sempre più, come dire, minimal e guai a portarsi la borsa frigo piena di panini, focacce, frutta, parmigiana, cotolette o frittata di pasta che, diciamocelo, forse era uno degli accessori più in voga vent’anni fa.

Sopratutto, guai a presentarsi con una sfumatura di marrone diversa dal  legno di noce. Non ho mai capito quelli che passano l’inverno a farsi le lampade per abbronzarsi e non arrivare pallidi in spiaggia. É come chiudersi in macchina in un parcheggio sotto il sole per venti minuti e sudare anche l’anima prima di entrare nel centro benessere a fare la sauna. É come cucinarsi due tranci di merluzzo surgelato, prima di andare a mangiare al ristorante di pesce. É come riparare la perdita del lavandino prima che arrivi l’idraulico. É come…vabbè avete capito.

Poi per fortuna arriva l’età del ‘se non ti piace ciò che guardi puoi girarti dall’altro lato’ e si torna a correre in spiaggia sorridendo a quelle onde che si trascinano lentamente sulla battigia.

Ti fermi, sistemi il costume che per metà ti entrato nel sedere, allunghi la punta del piede, percepisci la temperatura dell’azoto liquido, ti guardi intorno con le mani sui fianchi come se dovessi fare un discorso alla patria e ti accorgi che non è cambiato niente. Ci sono gli ambulanti con lunghe aste in ferro arrotolate con asciugamani e appoggiate sulla spalla, che portano in giro intere collezioni estate-inverno, vuoi una canottiera? C’è. Un vestito maniche lunghe? C’è. Una giacchetta, un vestito di lino, con le tasche, senza le tasche, coi fiori, tinta unita, mutande di lana, pelliccia di ermellino…c’è tutto.

Ci sono i bambini rompi coglioni che giocano a palla tra chi sta ancora cercando di capire se sia meglio restare con l’acqua fino alle ginocchia o proseguire, e quelli che impavidi si sono già immersi fino alla cintola perché dovevano urinare e… puntualmente… il pallone rimbalza vicino a loro e gli schizzi proiettati sulle schiene bollenti producono suoni gutturali con tre diversi toni che vanno da mor a tacci a tua.

Ci sono le neo mamme che spalmano con vigore la crema protettiva sui figli, sembra quasi imburrino una teglia. C’è il fisicato che gonfia i muscoli dei pettorali e delle braccia. Purtroppo l’inverno non è stato abbastanza lungo per lui e non è riuscito ad allenare anche le gambe che se ne stanno lì, lunghe e dritte come gli stecchi di legno dei ghiaccioli. C’è anche la vamp, che batte le unghie ad artiglio sugli occhiali stile Mondaini, e la nonna infossata nella sdraio sotto l’ombrellone. Non riuscirà più ad alzarsi.

Si gioca ancora a biglie, si fanno i castelli di sabbia e si prova a salire sui materassini gonfiabili con un po’ troppa enfasi finendo regolarmente con la testa sott’acqua.

É per questo che del mare non si può essere che fan e allora, seguendo i consigli della guru della bella stagione Gabriella Ferri io… quasi quasi …vado a fare un tuffo.

Tutti ar mare
Tutti ar mare
A mostrà le chiappe chiare
Co li pesci
In mezzo all’onne
Noi s’annamo a divertì…..

 

 

You May Also Like

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *