Appena scesa di macchina si presentano due alternative. 

Seguire la cresta della bocca più alta del vulcano in un percorso di qualche chilometro o percorrere un tratto pianeggiante di un paio di km o poco più sino ai laghi. 

Opto per il secondo percorso perché sono estremamente pigra e poi la curiosità è troppa. Insomma due laghi a diversi livelli e il più piccolo con un acqua bianco-verde proprio all’interno della bocca di un vulcano che è ancora in attività e che l’ultima volta ha eruttato negli anni sessanta. Emozionante! 

Il giorno prima avevamo incontrato dei viaggiatori che ci avevano detto di aver fatto il bagno proprio lì e che l’acqua era tiepida. 

Mettere i piedi in un vulcano? Che idea eccellente! 

Mi sfrego le mani come fa il signor Burns con quello sguardo furbo di chi sta per fare una cosa da incosciente ma con l’allegria che scorre nelle vene. 

Il percorso sino ai laghi è fuori dal comune. Non sembra nemmeno di essere ancora su questo mondo. Gli occhi non si fermano, non hanno ostacoli, arrivano laggiù in fondo superando pianure spigolose di lava nera e rossa sino a quelle collinette informi e ancora più giù sino ai ghiacciai. 

Faccio un giro su me stessa di 360 gradi. Respiro silenzio. 

Nemmeno il timido vento sembra far rumore. 

Nulla. Non c’è nulla intorno a me. Eppure sembra di avere tutto quello che serve. 

Il sole, il cielo sconfinato, le nuvole che candide si gonfiano, la terra cruda sotto di me. 

Come un esploratore di un pianeta estraneo continuo a camminare senza fatica come sollevata dal senso di libertà ed euforia. 

 

Arrivo al cospetto dei due laghi. 

Sono così vicini e così diversi. 

Sulle coste del più grande ci sono delle lunghe nuvole bianche che si appoggiano sul terreno.

L’acqua è di un blu scuro e il cielo si riflette in tutte le sue sfumature. 

Faccio foto correndo a perdifiato. Corro da una parte all’altra e sorrido, credo di non aver mai smesso di sorridere. 

Solo la Natura può farti questo effetto, ubriacarti di gioia senza far niente. Ti solletica lo spirito solamente con la sua presenza. 

Lascio zaino e macchina fotografica e provo a scendere sino a dentro la bocca del vulcano. 

Non ho il costume ma devo assolutamente scendere a sentire il calore dell’acqua. 

Dopo i primi venti passi in una ripidissima discesa fatta di melma e sabbia franabile mi rendo conto che ho avuto un’idea del cazzo. 

Ma ormai non posso fermarmi, son troppo curiosa e comunque le scarpe e i pantaloni sono già una merda, perché mollare adesso?

Scivolo ad ogni passo, mi reggo con le mani e mi faccio qualche metro di culo, che non significa con la fortuna ma, proprio di culo, cioè col sedere, come i bimbi che affrontano le scale per la prima volta. 

Riesco ad arrivare infondo e sono più sporca che mai, assomiglio vagamente alla Cosa dei fantastici quattro. 

Mi tolgo le scarpe infangate e mi tiro su i pantaloni. 

L’acqua è veramente calda. Addirittura sotto i piedi sento delle piccole bollicine roventi uscire dal terreno sabbioso. 

Provo a spingermi più avanti, con cautela. Ma ci sono dei punti dove l’acqua è bollente, setto sotto la pianta del piede una specie di solletico. 

Assurdo ho i piedi nella bocca di un vulcano! 

Probabilmente fare una nuotata qua dentro è l’esperienza che mi manca! 

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