Ho sentito almeno un centinaio di volte la battuta ‘ho sudato anche l’acqua del battesimo’, che poi mi domando: ma perché, te la sei bevuta? Comunque, non è questo il punto, anche se sono quasi certa di non aver preso una gozzata d’acqua dalla fonte battesimale, qui in Cina, su questa Muraglia, questa espressione calza a pennello!
Una delle giornate più calde della storia, di quelle che il cielo sembra coperto, poi però ti tocchi la testa con la mano ed come poggiarla sulla graticola rovente. Se poi ci mettete che non ci sono bagni per km e che non ci sono nemmeno frasche o siepi o auto dietro le quali accucciarsi, eviti di bere per non dover andare in toilette, e la sensazione d’arsura aumenta. Anche se, a pensarci bene il rischio non c’era in effetti, avrei potuto tranquillamente ingurgitare un litro d’acqua e avrei sudato la pipì già alla prima rampa di scale in salita. E i reni, muti.
La Muraglia cinese è lunga 21.196 km, viene definita un ‘prodigio architettonico’ ed in effetti è un bel serpentone, anzi drago, che si stende da Est a Ovest lungo il Paese con la testa poggiata sulle spiagge di Shanhaiguan e la coda a Jiayuguan. Io ho passeggiato lungo il percorso più vicino alla città di Pechino, uno dei tanti tratti accessibili e ristrutturati sui quali si può camminare senza pericolo.
Una funicolare mi porta sino in cima e uno scivolo d’acciaio mi conduce poi al punto di partenza. Parcheggi per pullman, bancarelle, ristoranti, negozi. Tutto, ovviamente, molto turistico.
L’affluenza è corposa, saliamo sulla piccola cabina trasparente che viaggia appesa ad un traliccio sottilissimo. Cerco di contare le punte degli alberi che mi circondano per non cadere ostaggio della mia ansia da ‘porcaputtanasesistaccalafuneprecipitocomeunamollidipanechecadeldecimopiano’.
Una volta messo piede sulla Muraglia qualsiasi pensiero abbandona la mia mente.
Fanno le valige: le seghe mentali, le paure, il senso di fame, le litigate passate, le lezioni di musica delle medie con il piffero sbavato di saliva, l’odore fruttato delle penne colorate del cartolaio sotto casa, gli aloni scuri lasciati sul soffitto dalle manine appiccicose trovate nelle buste di patatine, la rabbia, la depressione, le caccole appiccicate da Roberto sotto il banco, l’ansia da prestazione, l’ansia sociale, il mutismo selettivo, le big bubble panna e fragola, la claustrofobia, l’agorafobia, la kenofobia, tutte le bugie dette ed ascoltate e la parmigiana di melanzane. Una confusione di trolley, borsoni, zaini e buste da clochard. Se ne vanno tutti. Rimango sola con la mente sgombra, il sudore lungo la schiena e la Muraglia Cinese.
Una sensazione incredibile.
Già nel 221 a.C. esistevano mura di cinta dei vari feudi, ogni dinastia apportò qualcosa di nuovo a seconda degli ampliamenti dei possedimenti o dei loro ridimensionamenti. Fatto sta che sti cinesi erano già bravi in fatto di mura inerpicate su alture e, nel 1300 con la dinastia Ming diedero libero sfogo a tutta la loro maestria edificando ciò che ancora oggi è uno dei simboli più conosciuti dei questo Paese. Sto camminando perciò su una costruzione che ha più di 700 anni che si districa tra boschi e pendi, curvando e salendo e gettandosi in ripide discese per poi tornare in vetta.
I percorsi sono due, diverse lunghezze e differenti pendenze. Riusciamo a farli entrambe (non senza fatica). I sentieri sono immersi nel verde, il silenzio è piacevole.
Di tanto in tanto spunta una testa al di là delle mura. Sono dei venditori di bibite ghiacciate, gelati, birre, souvenir, dolciumi e caramelle. Provo a sporgermi per vedere come diamine siano arrivati sino a lì e noto degli strettissimi viottoli nel bosco, probabilmente sono i sentieri utilizzati anche da coloro che hanno ristrutturato il tratto e contribuiscono alla pulizia e alla manutenzione dello stesso.
Quello che un tempo è stato punto di avvistamento e protezione, adesso è corridoio per gente che, come me, scatta un migliaio di selfie. Roba che nemmeno il più dotato dei profeti avrebbe mai pensato fosse possibile. Ma ve la immaginate la conversazione? ‘Wang’ dice il soldato ‘Ho sognato che tra trecento anni qui dove siamo noi passeggeranno delle persone provenienti da molto lontano con gli occhi a palla e parleranno lingue sconosciute e si faranno ritratti con scatolette piatte!’ ‘Cheng’ risponde il commilitone ‘Poggia il fiasco di sakè che mi sa che t’hai bevuto troppo per stasera’.




















































































































