“Che ce l’hai un gratta e vince te?”

Come dimenticare l’esilarante scena del film de il ciclone. Proprio qui a Poppi, in Piazza Amerighi, ritroviamo la farmacia di Isabella (la compagna di Selvaggia) e in Via Battisi il negozio del fruttivendolo Nello (che però ha chiuso).

Attraverso la piazza e mi viene una malsana voglia di entrare in tutti i negozi gridando la frase con tono caciarone (un po’ sguaiato facendo confusione) poi però, ho un improvviso flash back….mi torna alla mente la mia adolescenza, quando ogni persona forestiera che incontravo, mi faceva ripetere fino allo sfinimento ‘una coca cola con la cannuccia corta corta’ e allora mi son detta che, forse qui a Poppi, potrebbero essere già stufi di sentire sempre la solita battuta. Procedo tristemente avanti, sfioro qualche sguardo e mi convinco che tanto, non avrei avuto un pubblico partecipe.

Il paesino è delizioso, ai fianchi della strada principale ci sono luoghi e stretti colonnati i cui soffitti sono in legno o con affreschi ancora in buono stato. In mezzo alla strada c’è l’Oratorio della Madonna del Morbo (il nome non promette affatto bene) è in ristrutturazione ma le foto mostrano una cupola molto simile a quella del Duomo di Firenze. Più avanti c’è la grande chiesa di San Fedele risalente al X secolo, con dei soffitti altissimi ed una cripta in pietra che custodisce le reliquie di Beato Torello da Poppi.

I luoghi (proprio come le persone) diventano interessanti grazie ai dettagli.  Sono infatti quest’ ultimi che conferiscono particolarità ed unicità. Portoni in legno antico con vecchie incisioni, maniglie in ottone dalle forme più strane, decorazioni in terracotta, colonne beccheggiate con capitelli smussati dal tempo. Se si fa attenzione a quello che ci sta attorno, si possono scoprire una miriade di piccoli particolari che danno vita ad una singolare atmosfera.

Il castello dei Conti Guidi è il simbolo del Casentino. Lo si vede anche da molto lontano, squadrato e rude con una sola torre che, con i suoi cinquanta metri, si erge sulle colline. Costruito nel XII secolo è famoso, tra le altre vicende, per aver ospitato il Sommo Poeta per un anno intero durante il suo esilio. Pare che proprio tra queste mura Dante abbia scritto il suo trentatreesimo canto dell’Inferno. Scale in pietra, ampie sale, prigioni, ballatoi e soffitti in legno, un museo che racconta la lavorazione del vimini e uno che narra le vicende di Tommaso Baldassare Crudeli, poeta e giurista del 1700, ricordato per essere campione del libero pensiero e il primo martire della Massoneria.  Due modeste sale ospitano un inestimabile patrimonio letterario. Si tratta della biblioteca Rilliana, realizzata del 1828 grazie ad un lascito del Conte Orsini, ospita ben 25000 volumi antichi. Alcuni di questi sono in esposizione in teche di vetro e risalgono al 1200, ancora perfetti con miniature colorate  impreziosite da disegni in oro.

In un castello che si rispetti non possono mancare catapulte e soldatini. Un grande plastico posto al centro di una stanza, raffigura la battaglia di Campaldino del 1289 svoltasi nella piana tra Poppi e Pratovecchio. La battaglia vide scontrarsi Guelfi (fiorentini) e Ghibellini (aretini) e molti illustri personaggi combatterono tra queste file, uno tra tutti, fu proprio Dante.

A ricordare invece i caduti della Grande Guerra è stato eretto un enorme mausoleo proprio alle pendici del castello. Progettato dall’architetto fiorentino Ugo Tarchi, venne costruito negli anni Venti.

Sull’enorme lapide ci sono scritte parole patriottiche che confidano in un futuro ricco di lavoro e di sviluppo. Leggerle, a dire il vero, fa uno strano effetto perché svelano tutta l’ingratitudine di noi giovani che incoscientemente, ci siamo scordati quanto sia costosa e preziosa la libertà.

 

 

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