E anche a ‘sto giro l’America non s’è inventata nulla!
I dolci che danno il nome a queste meravigliose scogliere neozelandesi, affondano le radici in tempi assai lontani. Pare infatti che siano stati cucinati per la prima volta nell’antica Grecia, che i romani abbiano poi importato la ricetta rivisitandola (se non ci mettiamo del nostro non siamo contenti) e, che sia successivamente (“molto successivamente”) approdata in Inghilterra. Ma il colpo di grazia glielo danno gli olandesi che di pannenkoeken ne vanno ghiotti, sono loro che affinano la ricetta rendendola molto simile a quella odierna.
Infine, passati secoli, dopo un lungo peregrinare fatto di sperimentazioni, modifiche e aggiunte d’ingredienti, ecco che arriva in America, la terra delle pile di pancake, talmente conosciute da essere uno tra i cibi più ricercati dalle persone che per la prima volta mettono piede negli States.
Non serve un grande acume od una vista eccelsa per rendersi conto che, in effetti, queste rocce sembrano proprio cataste di pancake. Sottili, uno appiccicato all’altro, se ne stanno immobili in mezzo all’oceano, mangiati dal vento e dal tempo.
La giornata è uggiosa, il vento soffia deciso e l’acqua s’increspa rendendo un profumo di salsedine che si mischia al petricore della terra. Probabilmente uno degli scenari più suggestivi che abbia avuto la fortuna di ammirare.
Una breve passeggiata su una passerella in legno permette di scoprire le strette insenature e le più strampalate forme assunte da queste singolari stratificazioni. Si tratta di un accumulo di microscopici frammenti di animali marini e piante che, sollevato a poco a poco dal fondale oceanico grazie all’attività sismica, ha creato una delle coste più particolari dell’intero Pianeta. Ci sono voluti trenta milioni di anni per formarsi e non mi sembra vero di poter assistere ad uno spettacolo naturale così singolare. Se ci si soffermasse più spesso a riflettere su quanto tempo impiega la Natura a creare simili scenari, avremmo sicuramente più rispetto per tutto ciò che ci circonda. Dall’albero ritto tra le fessure di un crepaccio, alla pietra che sporge da una scogliera.
Continuo a camminare nella tranquillità di questo luogo situato nella costa occidentale a Nord dell’Isola del Sud, mi sporgo di tanto intanto a sbirciare l’oceano che si spalma sulla sabbia plumbea. Le lunghe e spesse foglie degli arbusti che mi circondano, suonano al vento creando un fruscio sordo che si sposa perfettamente con il ticchettare delle gocce di pioggia sul terreno.
Nonostante tutti gli elementi si siano accordati tra loro per offrire un piacevole concerto, è arrivato il momento di ripartire.




































