Le giornate sono tutte uguali. Non sapendo cosa fare, mi intrattengo in strane conversazioni tra nostalgiche di viaggi.

Con lo spirito ilare e il viso abbronzato di una sessantenne in pensione in un residence a Miami alla quale hanno appena servito le pillole per la pressione e un analcolico cocco e ananas, mi abbandono inerme come una naufraga in questo mare di ovvietà.

Sorrido e di tanto in tanto mi stringo il mento tra il pollice e l’indice che teso picchietta sulle labbra per far intendere che sì, sto riflettendo sulla cazzata che hai appena detto e…sì, annuirò per un solo motivo: perché oggi è mercoledì e domani il massaggiatore vietnamita verrà a rimettermi a posto la cervicale.

“Scusate ma a voi  hanno messo il ghiaccio nel cocktail?” Esordisce Franca col suo tono nervoso.

“Sì”

“Sì anche a me”

“Ecco lo sapevo quel Miguel deve avercela proprio con me! L’altra mattina gli avevo chiesto…”

“Tieni prendi questo”  Intervengo bruscamente per non farla continuare e le allungo il mio bicchiere ancora colmo. Ananas e cocco. Pff. Ma chi cazzo ha avuto un’idea del genere?!

“Sicura? E tu non lo bevi?”

I convenevoli, che roba vomitevole.

“No cara, preferisco un tè a quest’ora, bevilo pure non l’ho proprio toccato.” Aggiusto la sdraio in modo da essere equidistante dalle altre tre e mi accomodo sprofondando col sedere fino quasi a toccare il prato.  “Piuttosto ditemi, ho sentito che stavate parlando di viaggi, per fortuna, non avrei tollerato un’altra  mattinata spesa ad elencare gli acciacchi di tutto il comprensorio e i colori delle pastiglie che servono all’ora di pranzo e, in effetti, ci pensavo giusto ieri sera mentre guardavo il documentario sul Perù, muoversi un po’ e cambiare aria ci farebbe proprio bene. Non trovate? Ad esempio a voi che cos’è che manca di più del viaggiare?”

“Uuuhh che tasto dolente per carità!”   Ida si porta le mani alla fronte con trasporto e preoccupazione, come se si fosse appena ricordata di aver lasciato il cane chiuso in auto il venti d’agosto.    “Mamma mia che angoscia! A me manca ti-u-ti-ti-o  del viaggiare! Io non vedo l’ora di poter tornare a viaggiare. Più di ogni cosa mi manca stare in fila prima di imbarcarmi sull’aereo”      Le mani adesso le scivolano rapide lungo il décolleté  per poi premere con forza sul petto.    “Mamma mia, quell’agitazione del non sapere se avrai posto per il trolley nelle cappelliere, non sapere che persona ti capiterà vicino e poi, quella indecisione cronica che mi accompagna in ogni breve tratta: vado in bagno a far pipì o aspetto di arrivare in aeroporto?!”

“Hai ragione come ti capisco! I voli che non durano più di due ore sono tremendi! Se ti scappa veramente la pipì trovi una fila così lunga che quando tocca a te stanno già annunciando di allacciare le cinture per l’atterraggio. Invece lo sai cosa? A me manca vedere posti nuovi, non lo so, magari…qualche bella spiaggia”

“Ma se siamo a Miami?!”

“E allora? Che vuol dire? Quindi se fossimo state su di una montagna non potevo dire che mi mancava la montagna?”

“Eh beh…”.    Mi fermo di colpo. Non so proprio come spiegarglielo.  Butto gli occhi al cielo e penso che tanto sarebbe inutile quindi la assecondo  “…in effetti, hai ragione.”

“Ecco vedi! I posti diversi sono posti diversi anche se sono uguali!”

“Su non litigate voi due! Io vi dirò invece che, ho una gran nostalgia delle giornate trascorse in luoghi nuovi a scattare foto!”

“Ma se non fai altro tutto il giorno con quel diavolo di telefono!” Ida e Sara che siedono più vicine si guardano complici.

“Qui cara mia non posso che darle ragione, suvvia…sei sempre a fare foto! E certe volte nemmeno ci ascolti!”

“Non è vero! Io vi sento sempre! Anche mentre do sfogo alla mia arte.”

“Arte? Ma quale arte?! Se scorriamo la galleria degli scatti di stamani troviamo: la ciotola del cibo del gatto in giardino, il gatto che mangia dalla ciotola lasciata in giardino, il cappuccino con quei ghirigori di cioccolato, il tuo pareo fucsia appoggiato sulla sedia…”

“Sì ecco! Di quelle foto, se proprio la vogliamo dire tutta, ne avrai fatte almeno una decina! Quel cazzo di pareo lo hai aperto e sbattuto così tante volte nemmeno fossimo state alla corrida. Alla povera Virginia hai fatto venire il torcicollo con tutto quello spostamento d’aria.”

“Ha ragione lei! E poi cosa te ne fai della foto delle scarpe della Betty sporche di gelato? Per non parlare di tutte quelle foto fatte al buffet in fondo alla sala e alla copertina del libro che hai preso ieri alla biblioteca?!…”

“Che poi a che cazzo ti servono tutte queste foto?”

“Le condivido!”

“E con chi? Con quelle dell’ospizio accanto?”

“Oh ragazze non ci scordiamo le foto al cameriere nuovo!”

“Ah già! Il cameriere nuovo! Credi che non ti abbiamo visto mentre gli facevi il servizio fotografico al sedere?!”

“Almeno metti il silenzioso!”

“Sì e poi porca miseria, smettila di accompagnare ogni scatto con quella risatina compiaciuta. Nemmeno Herbert, il molestatore di novantadue anni della camera 327 al terzo piano, arriva a fare tanto.”

“Tu non parlare di Herbert che qualche foto da lui te la sei fatta scattare o sbaglio?!”

“Ma che dici?! Io?!”

“Sì signora proprio tu…e poi….”

Continuano a parlarsi l’una sull’altra come al solito. Dopo anni non ho ancora capito come riescano tre donne sole a fare più confusione di un gruppo di hooligan in un pub.  Si agitano muovendosi contorte su quelle sdraio di tela a fiori che stridono e sbattono.  Le mascherine avvolgono il viso quasi nella totalità e si piegano come risucchiate all’interno della bocca. Che brutta immagine! Arriccio il naso in segno di disgusto e poi liscio con le dita la sottile lamina sotto la cucitura per farla aderire perfettamente alle mie narici. Con questi pezzi di stoffa sembra quasi che gridino ancora più forte del normale, sarà colpa delle sedute troppo distanti o, forse, la difficoltà sta tutta nel non poter decifrare un pensiero o una battuta quando le parole non sono accompagnate da una buona mimica facciale.

“Dai su non litigate voi due! Daniela non startene lì in silenzio,  non ci hai ancora detto la tua. A te cosa manca di più del viaggiare?”

“A me mancano tutte le cose che non mi piacevano del viaggio.”      Mi alzo in piedi e do loro le spalle. A qualche decina di metri da me le sottili palme si specchiano nella piscina deserta.      “Non penso agli aerei, ai treni, alle foto, ai panorami, alle città d’arte. A me mancano quelle cose che mi facevano imbestialire. Lo sconosciuto che si addormenta sulla mia spalla. Il suo respiro umido sul mio collo. Mi manca quell’ hostess un po’ sorda che si avvicina col volto alla mia bocca per farsi ripetere l’ordinazione. Mi manca anche il mio imbarazzo mentre dico a denti stretti  ‘un caffè per favore’ mentre prego di non avere quell’alito che puzza un po’ di silenzi e un po’ di sonno. Me lo sono sempre chiesto, ma perché cazzo si avvicinano così tanto alla faccia della gente?    Mi mancano i gruppetti di insolenti ragazzini che sugli autobus si dicono le cose all’orecchio. Sembra sempre che sparlino di tutti i presenti. E vi dirò, mi manca anche il loro detestabile modo di ridere a bocca aperta, tipico atteggiamento di chi vuol dimostrare al resto del mondo quanto si stia divertendo. Per non parlare poi di quelle coppie che ti siedono accanto in treno? Quelle che si tolgono le scarpe per appoggiare i piedi nei sedili vuoti, quelle che si sussurrano tutto il tempo frasi burrose e che si tengono le mani per tutto il viaggio sfregandole instancabilmente, roba che anche gli orsetti lavatori ad un certo punto staccano i due palmi per farli respirare. Loro no, loro vogliono consumarle quelle mani.   Accidenti! mi manca persino il coglione del gruppo che da capo tavola si alza e con la sua forchetta salta di piatto in piatto per assaggiare cosa hanno ordinato tutti gli altri commensali. Mi manca sentirmi dire “Posso assaggiare” quando già i rebbi hanno infilzato gran parte del mio cibo.   Mi manca essere trascinata con la forza in quelle foto di gruppo che mai avrò, con sconosciuti che mai rivedrò: avete presente quei gruppi degli addii al celibato, al nubilato, delle lauree e dei compleanni alternativi? Quelli formati da giovani che girovagano senza meta per le strade di una città straniera catturando passanti solo per immortalare quei momenti di imbarazzante vita notturna? Ecco li odiavo e ora..pensate un po’…mi mancano anche loro.   Mi manca appoggiarmi agli sconosciuti per evitare di cadere in metropolitana; condividere il bancone di un ristorante con una famiglia del posto, mi manca la poltiglia masticata sui miei pantaloni sputata dal bambino che ho fatto accidentalmente ridere con una smorfia;    asciugarmi le lacrime con le dita senza preoccuparmi che siano sporche e stringere le mani a tutti quelli ai quali mi presento.    Le pacche sulle spalle, i tour di gruppo, i bicchieri che sbattono tra loro dopo un brindisi ed ho nostalgia persino della giacca appoggiata sulle spalle da qualcuno che si accorge che ho un po’ freddo.  Ah già…come dimenticare la guida straniera che a fine tour, con la scusa del ‘qui si usa così’ , stampa a tutti tre o quattro baci sulla guancia senza chiedere il permesso.”

Prendo fiato abbassandomi la mascherina. L’aria è stranamente fresca questa mattina.

“Ma quel tè è corretto?”

“Non starai mica bevendo whiskey a prima mattina?”

“No ragazze! Non capite?!”  Faccio qualche passo più in là per poter parlare libera.   “Vedete…ci ho pensato. Viaggiare non è solo vedere posti lontani, prendere dei mezzi pubblici o fare foto su marciapiedi affollati. Viaggiare è riuscire a convivere con i propri limiti e provare a superarli. Il cibo passato con le mani è Viaggiare. Sedersi su un marciapiede mentre si aspetta un pullman è Viaggiare. Accettare una fetta di torta dopo che hanno soffiato le candeline;   l’asciugamano condiviso tra più persone dopo un bagno nell’oceano che non avevi pianificato, il fazzoletto di carta che ti porge uno sconosciuto perché ti sente raffreddata o, l’amica che ti soffia sulla tazza di te bollente perché hai la febbre e non hai la forza per farlo. Questo è il Viaggio. Non aver timore della condivisione.”

Ho parlato troppo velocemente mi si è azzerata la salivazione, adesso andrebbe bene anche quell’intruglio cocco e ananas. Tiro fuori dalla tasca una caramella alla menta, la scarto e provo a scalfirla coi denti passandola da destra a sinistra. Cazzo è veramente troppo dura, la sputo nel suo involucro e la rimetto in tasca.

“Ma che schifo! Hai intenzione di buttarla o te la rimangi più tardi?”

“Penso di conservarla per lunedì prossimo”

“E perché proprio lunedì?”

“Beh ovvio! nel pomeriggio viene il dentista. Ma non vi distraete e fatemi finire il concetto vi prego. Stavo dicendo…che il viaggiare è concetto assai diverso.  Probabilmente non è mai stato il dove, non è mai stato il quando né il come. É sempre stato il ‘chi’. E il chi siamo noi, la gente. E’ questo l’unico elemento importante di un viaggio ed è questa l’unica cosa che mi manca veramente.”

 

 

 

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