Amo la Norvegia. Fossi in grado di dedicarle una canzone, scriverei per lei una dolce melodia, consumerei le corde vocali gridando il mio amore. Sono quegli incontri che ti cambiano il battito del cuore, quei luoghi che rimango impressi nella memoria in ogni dettaglio, come se la mente riuscisse a fotografare ogni centimetro ed ogni particolare archiviandolo in piccole cartellini dai colori tenui.
Successe a Oslo, l’innamoramento intendo, fu il fine settimana più bello mai vissuto. Tutto mi sembrava incantevole, il profumo dell’aria, i fiordi decorati da piccole casette in legno bianche, la mancanza di tende alle finestre, i sorrisi e la gentilezza delle persone, tutto quel verde, e i bambini che nonostante il freddo scorrazzavano in giro per i parchi e si rotolavano per terra. Ricordo che nessuna delle mamme gridava “non sporcarti, non correre, non sudare!”.
Il cibo delizioso e i mezzi di trasporto puliti e puntuali. Se ripenso a quei momenti (sono passati 10 anni circa), mi tornano ancora i brividi lungo la schiena. Mi sembrava di essere in visita in un assurdo luogo del pianeta dove tutto si legava con la natura ed è proprio quello il motivo per cui, la semplicità nordica, rispecchia la mia idea di mondo sereno.
Bergen è arrivata dopo. E per fortuna! Proprio qui ho preso una delle peggiori intossicazioni alimentari della storia delle intossicazioni alimentari. Fanculo l’educazione e le buone maniere, ho vomitato, non solo la mia, ma anche l’anima di qualcun’altro! Ne sono più che certa. Nonostante questo, per tutto il giorno e mezzo che questa città mi avuto tra le sue vie, sana, in piedi e capace di intendere e di volere…mi ha conquistata! Eh sì, la Norvegia è proprio figa!
Il cuore della città si trova al porto, dove una fila di vecchie costruzioni in legno la fanno da padrone. Come vedette di lungo corso, se ne stanno lì immobili a scrutare il mare. Dietro di loro si nasconde il cuore di Bryggen: un piccolo villaggio dagli stretti corridoi e tortuose scale, è il regno di artisti locali e botteghe di artigiani.
Con la funivia raggiungo Floyen. Dalla montagna si può godere di un panorama che ti fa respirare a pieni polmoni. Poco distante c’è un lago incoronato dal verde del bosco, basta seguire uno dei sentieri. Mi stupisco ogni volta nel vedere come le persone di qui, preferiscano la vita all’aria aperta nonostante il freddo, la neve e le poche ore di luce. Incontro tanti gruppi di nonni con i nipotini incastrati in tute da scii e stivaloni impermeabili; ci sono anche camminatori solitari e famiglie con neonati nel marsupio e cane al guinzaglio. Qualcuno si ferma a fare un pupazzo di neve, i più piccoli raccolgono bastoncini e rametti, altri sembrano solo voler respirare insieme alla natura. Li vedo appoggiare le mani sui tronchi buttando gli occhi verso l’alto come per salutare quegli abitanti ad alto fusto. Lo faccio anche io. Lo faccio sempre ma qui, non passo per scema.
Invidio questo loro profondo rispetto e continuo contatto con la natura. Quant’è bella la Norvegia. Sogno continuamente di avere una piccola casa su una collina vicino ad un fiordo, una di quelle casette in legno completamente bianca all’interno, senza tende alle finestre, con una grossa stufa e il divano ricoperto da plaid colorati, sogno di starmene lì a sorseggiare una tazza di tè guardando fuori la neve che scende, il mare che si vela di ghiaccio e il cielo che si tinge di mille colori.
La cosa più interessante che si possa fare a Bergen è perdersi. Io adoro camminare tra le silenziose strade prive di pericoli e lo faccio così, senza meta, senza timore, con lo sguardo sorridente di chi non sa dove diamine sia finito eppure, si sente a casa.