Prenoto un tour presso la ‘vetreria artistica Colleoni‘ anche perché Murano senza un giro tra il laboratori del vetro non avrebbe alcun senso. Il proprietario mi fa strada lungo il corridoio che porta alla grande sala dei forni.
“Dove stiamo andando?”
“Dal mastro vetraio.” Risponde sorridendo.
“E dove sta? All’inferno?” Lo penso ma non lo dico, faccio finta di niente e ricambio il sorriso mostrando i denti. Il caldo mi offusca la mente, mi porto il braccio alla fronte per asciugarmi il sudore con la manica ma, purtroppo, ho una t-shirt e il tessuto arriva fino al gomito perciò… non faccio altro che spalmare il sudore della fronte con quello dell’avambraccio. Pessima mossa.
Faccio il mio ingresso con la stessa eleganza che aveva il capo della polizia Charles Dreyfus, (alias Herbert Lom) nell’uscire dal laghetto dopo aver ricevuto una palla in testa lanciata dal maldestro Clouseau.
“Solitamente ci sono tutti i forni accesi e il caldo qui dentro è insopportabile, oggi ne abbiamo in funzione solo uno e infatti si sta bene.”
Metto le braccia dietro le spalle come i bravi scolari degli anni Cinquanta e annuisco compiaciuta. Nel frattempo sotto di me si sta creando una piccola pozza d’acqua.
Non c’è niente di più emozionante del vedere un artista all’opera. Davanti ai miei occhi la sabbia incandescente prende forma. Viene gonfiata, soffiata, stirata, appiattita, modellata e in pochi secondi, un’esigua quantità di materia informe da vita ad un cavallo rampante. Incredibile.
Rimango sempre affascinata dal talento e dall’abilità degli artisti, qualsiasi sia il loro campo e poter assistere alla creazione di un’opera è sempre emozionante.
Pensavo di aver concluso il giro con questa affascinante lezione ed invece….mi portano in un piccolo laboratorio e mi permettono di creare un braccialetto con perline di vetro. Entro con l’entusiasmo che avrebbe Barbie se Ken le domandasse di sposarla (cosa che non accadrà mai) e mi siedo davanti a decine di confezioni piene di perle di vario colore forma e misura. Rovisto come un’anziana al banco del mercato, cercando sul fondo delle scatole chissà quale tesoro.
Esco da quella stanza dopo così tanto tempo, che se solo mi fossi trattenuta un’altro po’, avrebbero dovuto assumermi per giustificare la mia lunga permanenza in azienda. Inutile dire che mi sono divertita tantissimo.
Ogni tanto controllo il polso, non vorrei che il bracciale si sfilasse o che si rompesse urtando qualcosa. Queste piccole sfere di vetro non solo sono uniche, (non ce ne sarà mai una identica all’altra) ma hanno una storia che va a ritroso sino al 2000 a.C.
É infatti di quel periodo il più antico gioiello in vetro mai ritrovato. Ricordiamo anche le dinastie egizie, che usavano le perle colorate come ornamento.
A Venezia invece, nella prima metà del 1200 fu vietata la lavorazione del vetro, le fornaci si spostarono quindi a Murano ma, non essendo contemplata nel decreto la lavorazione delle perle, i veneziani continuarono a produrle in città. Le perle di Venezia divennero le più preziose e le più richieste di tutta Europa.
Essere perlera significava inanellare perline. Una dopo l’altra. Un po’ come avevo fatto io, ma ogni giorno, per anni. Mi gira quasi la testa al pensiero. Ripenso a quanta pazienza adoperata per la creazione di un solo bracciale. Porto il polso davanti a me, accarezzo il mio monile e penso: ‘Ah Gollum scansate proprio! Questo sì che è un vero tessssero!”




















