Tongariro. Nemmeno sapevo esistesse. Ad essere sincera, durante i miei viaggi non mi sono mai chiesta “Hey chissà dove si trova un bel percorso lungo e sfiancante dover poter sudare e camminare per ore!?” e adesso…eccomi qua.
Gli appassionati sapranno che è uno dei più bei trek al mondo, per lunghezza, difficoltà e paesaggi.
Devo dire che è stato uno dei momenti più gloriosi della mia vita! Perché? Per prima cosa non avrei mai pensato di riuscire ad arrivare sino alla fine e, secondo, non avrei mai pensato di riuscire ad arrivare sino alla fine viva!
Questa perciò è la storia di una grande vittoria personale.
Eccomi all’inizio del percorso. Sono le sei del mattino, e 19 km sembrano fattibilissimi (almeno con il pensiero), infondo, hanno calcolato ci vogliano solo sei ore!
Fa freschetto ed è molto umido. Una leggerissima pioggerellina mi infastidisce già dai primi passi. Il paesaggio è stupendo, non si vede un cazzo a più di venti metri di distanza, ma sono venti metri molto belli. Mi infilo il k-way e proseguo a piccoli passi, gli unici che sia in grado di fare.
Il vento mi ghiaccia le gocce di sudore lungo la schiena.
Faccio le foto ai cartelli dei km per darmi la carica e a testimonianza di tutto il mio impegno.
Dopo il secondo mi passa la voglia. Troppo faticoso tirar fuori il telefono. Non posso dire di essere già stanca, ma non posso nemmeno dire di non esserlo. Dopo il terzo km ingurgito una tachipirina per togliermi il mal di testa dovuto al vento e il dolore alle gambe dovuto, beh è intuibile, alla lunga camminata.
Mi superano tutti: giovani, anziani, coppie, gruppi di amici, mi strattonano e mi vengono quasi addosso con i loro enormi zaini per poi girarsi e sorridere, ma non è un incoraggiamento, è una sfida e io….rispondo con una smorfia a denti serrati, una di quelle facce tipiche delle commesse anoressiche che ti dicono “non abbiamo la sua taglia” e poi sorridono fintamente amareggiate. “prego passate pure e che vi si possano staccare le bretelle dello zaino!”
Il percorso attraversa una pianura dal sapore lunare. Mi sento come una giovane esploratrice. Infondo sono veramente entusiasta e piena di energia sopratutto adesso che ho preso il ritmo e ho spezzato il fiato. Non si sentono voci, né rumori che orecchio umano possa riconoscere, il vento sembra però dar voce alla terra, che accarezzata, pare dia vita a dolci note.
Raggiungo l’inizio della salita e trovo un cartello.
Sei sicuro di essere fisicamente preparato a continuare il trekking?
Ma cosa me lo chiede a fare adesso? Certo che non sono preparata! Ma tornare indietro dopo due ore di fatica non è l’alternativa giusta!
Il vulcano che prima mi appariva lontanissimo adesso è imponente e maestoso.
Mi lascio cullare dal paesaggio e gli occhi, languidi, si perdono tra le sfumature di rosso e nero di questa terra incontaminata. La fatica inizia a sfiancarmi.
C’è un’orchestra nella mia testa, continuo a cantare una melodia rilassante le cui parole ripetono all’infinito: “un passo dietro l’altro, un passo dietro l’altro”. E proprio così, mettendo in fila i miei passi, riesco ad arrivare sino in cima.
Il sorriso mi si stampa in volto! Davanti a me la bocca del vulcano. Accidenti è stata dura issarmi sino a qui reggendomi ad una fune d’acciaio attaccata alla parete più ripida. E’ stata dura per le mie ginocchia portarmi in vetta ma ce l’ho fatta!
Sono così emozionata che non mi rendo conto di dover ancora salire un bel po’! Lo faccio arrancando, camminando a quattro zampe come un gatto ubriaco, barcollo cercando di non scivolare sulle piccole rocce che franano, mi siedo distendendo le gambe per rilassarmi un po’ e poi uso tutte le energie per rialzarmi senza ricadere giù.
Questo il premio! Tra le creste di vulcani e montagne appaiono loro, tre laghi di diverse dimensioni e dai colori straordinariamente accesi! Sembrano quasi fluorescenti sotto il caldo sole della Nuova Zelanda.
Scendo con il cuore in gola e il culo a terra. Mi lascio scivolare e non stacco un solo secondo lo sguardo da quell’incanto.
Pranzo in riva al lago. Ma andiamo! Sembra un sogno! Sono dall’altra parte del mondo al cospetto di un lago verde. Queste sono esperienze indimenticabili.
Indimenticabile come i lunghissimi chilometri di discesa sino alla fine del trekking.
Scendere è sempre più terrificante, per le ginocchia intendo.
Le gambe si muovono come appartenessero ad una bambola di pezza. Non le comando più, ondeggiano cercando di restare salde al terreno quanto basta per non farmi cadere ad ogni passo.
La vegetazione è completamente diversa in questo versante. Anche la mia espressione.
Consiglio a tutti quelli che intraprenderanno questo stupendo Trek, di arrivare in cima, godersi i laghi e poi tornare indietro. Proseguire non ha senso. Non c’è molto altro da ammirare e continuare a camminare in discesa per ore è logorante.
Ad un certo punto un cartello di pericolo. Non capisco cosa ci sia scritto, ormai non ricordo nemmeno come si faccia a respirare. Pare dica “non fermarsi e camminare velocemente” ahahahah inizio a ridere e mi sfugge un “camminare velocemente? si col cazzo! Dopo 18 km!? Manco mi reggo in piedi!” La gente intorno a me ride anche se non parliamo la stessa lingua l’espressione del viso è facilmente decifrabile.
Dopo più di 11 ore, (e non sei!) eccomi al traguardo. Mi sdraio su un’ aiuola del parcheggio e sorrido al cielo; quelle nuvole bianche mi hanno visto, loro sanno quanto sia stata brava e lo so anche io. Riprendendo fiato, mentre mi massaggio le gambe mi sento maledettamente orgogliosa di me!

































