Populonia mi fa già simpatia così com’è ma, scavando nel suo passato sino all’età degli etruschi, viene fuori che il primo nome fu Fufluna, che indubbiamente è ancora più geniale! Fufluna era il Dio etrusco del vino e dell’ebrezza e, se mai nella vita mi capitasse di essere proprietaria di un locale, sceglierei senza dubbio questo Dio dal nome musicale per l’insegna.
Si arriva all’antico borgo risalente al XV sec. passando tra pinete e campagne che un tempo ospitavano ville e case delle quali ancora si possono vedere i resti. Dal Golfo di Baratti a qui la spiaggia ha un colore scuro e, colpita dai raggi del sole, sbrilluccica. L’insenatura è famosa infatti per essere una delle più fiorenti e produttive zone di estrazione e lavorazione del ferro. Si parla addirittura di più di un milione di tonnellate prodotte solo nell’ultimo periodo, il che determina inevitabilmente ingenti cumuli di scorie che andavano a formare vere e proprie colline in riva al mare. (Adesso la zona è stata bonificata)
Persino Scipione l’Africano venne a rifornirsi qui a Populonia dove lavorarono il ferro necessario al militare romano e le sue truppe per la seconda guerra punica.
Nonostante non siano ancora le otto del mattino, c’è già una lunga coda di auto; ogni tanto viene fatto scendere qualcuno al quale vengono affidate borse pesantissime, reti piene di giocattoli, ombrelloni colorati e zaini frigo. I poveretti vengono lasciati sul ciglio della strada e, con l’espressione di chi a prima mattina ha ne ha già le scatole piene, si arrabattano per riuscire a trasportare tutto in un solo viaggio sino alla non lontana spiaggia. A quanto pare accaparrarsi un posto all’ombra è una vera impresa. Che poi, mentre li guardo, sudati, disperati e ricurvi sotto il peso di tutti quei bagagli mi chiedo: c’è bisogno di fare tutto sto trasloco per una giornata al mare?
Il traffico scorre, torno a guardare davanti e giro su una strada in salita che, ovviamente, non interessa a nessuno. Mi lascio i ‘facchini senza stipendio’ alle spalle e proseguo lungo una via che curva tra alti alberi. Inaspettatamente appena giunta a destinazione, trovo un enorme parcheggio fuori dalle mura, menomale.
Il castello è di proprietà di Giulia e Tommaso Gasparri (lo dico come se sapessi chi sono) che amministrano tutta la proprietà di famiglia, compresa l’antica collezione di reperti di epoca etrusca che di fatto, per storia e natura, sono da considerarsi a tutti gli effetti un patrimonio collettivo.
Nonostante l’altezza, la vista da qua non è un granché, c’è molta vegetazione e il mare sembra così lontano da apparire come una grande striscia blu sospesa tra il verde dello strapiombo e l’azzurro del cielo tuttavia, tra le mura del castello c’è una piacevole atmosfera: le case lisce color panna delimitano le brevi strade, ci sono botteghe di artisti, la torre, la chiesetta, il museo e un antico edificio scolastico. Proprio davanti si trova il parco archeologico che si sviluppa per gran parte della pineta circostante.
Tutto molto interessante, certo che, se ad uno dell’archeologia non frega una ceppa, che viene a fare a Populonia?