Autore: Charles Dickens

Un piccolo libro, per metà occupato (purtroppo) da una postfazione.

Una breve pubblicazione che raccoglie due racconti di Dickens, protagonista di entrambe le storie ma,  in momenti differenti della sua vita. Nel primo scritto, infatti, Charles è un bambino (forse ha poco più di dieci anni), si è perso nel cuore di Londra e, completamente solo, riuscirà a trascorrere tutta la giornata tra un pisolino nel cimitero ed uno spettacolo a teatro, cavandosela benissimo nonostante la paura dello smarrimento.

Nella seconda narrazione invece, Charles è un adulto ed il suo peregrinare nel centro cittadino è un’abitudine derivante da un’incapacità nel prender sonno.

Cosa accomuna le due storie?

Londra ovviamente. La città in cui vive e che riesce a descrivere in tutte le sue sfaccettature attraverso itinerari improvvisati e fortuiti che lo fanno bighellonare nei diversi quartieri. Da Temple Bar a Saint Dustan, da Saint Paul ad Haymarket fino a Coven Garden.

Perdersi per le strade londinesi con l’ansia di un bambino e con la spensieratezza di un adulto, Charles rende davvero speciale ogni pagina riuscendo a mischiare la tenerezza delle prime scoperte al sollievo dei luoghi affollati.

Le emozioni sono descritte in maniera delicata.

“…il terrore irrazionale che provano i bambini quando capiscono di essersi smarriti mi assale ancora oggi con la stessa forza di allora…”

Sfogliando il libro provo tenerezza per quel bimbo che, entusiasta, dà un nome al cane randagio che gli ronza intorno, e mi emoziono per la sensibilità dell’animo di quell’adulto che affronta la solitudine notturna.

“…I sani e i malati di mente sono forse uguali di notte, quando i sani sognano? …Non siamo forse assurdamente convinti, di notte, così come loro lo sono di giorno, di frequentare re e regine, imperatori e imperatrici e persone illustri di ogni genere? Di notte on mescoliamo forse eventi, personaggi, tempi e luoghi, come i matti fanno di giorno?…”

Non posso dire di più, le pagine sono meno di 50 e la lettura di Dickens va assaporata come un buon calice di vino rosso, come una cucchiaiata di mousse al cioccolato, come i primi passi a piedi nudi su un prato ancora bagnato dalla rugiada del mattino.

 

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