Il 21 febbraio del 1775 apriva a Firenze l’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale (conosciuta poi solo come ‘La Specola’ dal nome del torrino astronomico che coi suoi 40 metri domina Firenze). Fu il primo museo al quale potevano accedere tutti, indipendente dalla classe sociale. Per Firenze questa galleria è la seconda più antica, a batterla sul tempo ci sono gli Uffizi, che la precedono sì, ma solo per una manciata di anni.
Credo che ci siano davvero pochissimi fiorentini che non siano mai stati almeno una volta nella loro vita tra le sale di questo museo perché, tutti, ma proprio tutti, alle scuole elementari o medie, hanno gravitato qui dentro in gita scolastica.
Mentre aspetto in fila di poter accedere, mi ritrovo a avere piacevoli scambi di ricordi con le persone vicine. Ognuno di quelli in fila partecipa con un proprio ricordo, come fossimo all’incontro degli alcolisti anonimi alle nove di sera in una chiesa nel Bronx. Qualcuno si rammenta della maestra che spiegava le storie degli animali impagliati, e di quanto veloce corressero i compagni di classe tra le sale; nonni che ricordano di averci portano i propri figli la domenica quando erano piccolini, e adulti che ricordano di non aver avuto paura delle cere del corpo umano perché i nonni li tenevano amorevolmente per mano. C’è anche un bambino che spunta da dietro le gambe di una signora, “la mia mamma ci veniva da piccola”. Praticamente questo museo è il luogo probabilmente più familiare ai fiorentini.
Chiuso per lavori di riqualificazione nel 2019, finalmente riapre il 21 febbraio 2024
La fila è davvero lunga, si registra il tutto esaurito.
Dopo aver guadagnato l’accesso alla prima sala, il silenzio cala imbarazzante, come ad un primo appuntamento nel quale, improvvisamente, nessuno dei due ha più nulla da dire. Si notano cornicioni scrostati, pareti da ristrutturare e, affacciandosi sul cortile interno attraverso le vecchie porte finestre, è possibile osservare che anche tutte le facciate esterne sono totalmente rovinate.
Siamo tutti un po’ confusi ma, sarà per il fascino decadente, sarà per la gratuità dell’ingresso, conserviamo la nostra eccitazione per l’area dei minerali, quella nuova.
Pannelli scuri, luci molto soffuse stile locale equivoco, teche in vetro. I grandi pietre sono in bella mostra come fossero in una vetrina di alta gioielleria. É senza alcun dubbio la più bella collezione di minerali mai vista. I colori sono incredibili, forme sinuose, geometriche, morbide, granulose, lisce, ruvide, spigolose, frastagliate…è pazzesca la varietà di sfumature e consistenze. Purtroppo non ci sono etichette descrittive né manuali da poter consultare, ma solo piccoli cartellini con il nome della pietra proprio al di sotto di essa. Peccato, avrei apprezzato una presentazione più dettagliata, magari che mi suggerisse la consistenza che ha quel minerale al tatto, l’età della pietra, come e dove viene estratta, l’ utilizzo che se ne può fare, quanto sia preziosa o rara, cose del genere insomma. Nella saletta attigua a quella principale ci sono degli armadi con cassetti in vetro, peccato che non si possano aprire per guardarne il contenuto. C’è anche l’angolo delle pietre fluorescenti. Al buio i colori sono incredibili, sembra di stare ad un rave party, o ad un concerto dei Coldplay. Passo davvero molto tempo in queste sale perché sono letteralmente rapita da questi colori e starei ore ad contemplare il genio e la meraviglia della Natura.
Non ho una memoria eccellente, ma mi sembra che le altre sale siano rimaste esattamente com’erano. Grandi armadi in legno con i vetri ondulati che, a seconda dell’angolazione, permettono di mettere a fuoco ciò che c’è dentro. Le pareti sono color pastello e i pavimenti sono consumati dai tanti passaggi dei visitatori durante i decenni. Centinaia di volatili, insetti, mammiferi, conchiglie, farfalle e pesci così tanti che non basta una mattina intera per poterli vedere uno per uno per coglierne ogni dettaglio.
Tra queste sale è possibile apprezzare anche una delle collezioni di cere anatomiche più preziose al mondo. Circa 1400 pezzi realizzati tra la fine del XVIII e il XIX secolo. Utilizzati per lo studio del corpo umano, tra tutti i pezzi la più preziosa è la venere anatomica, una fedelissima ricostruzione della figura femminile, scomponibile come un puzzle 3d in diversi pezzi (utile non solo per studio, ma anche per il trasporto della stessa). La cosa davvero particolare è che capelli e peli pubici sono reali.
Nell’era dei social e dei siti internet che ti raccontano tutto, certe volte troppo, certe volte troppo poco, certe altre, scrivono senza in realtà dire nulla…è così strano che una città intera sia affezionata ad un museo. La cosa mi rallegra assai, questo luogo è pura poesia, ed il fatto che abbiano conservato la struttura come un tempo è un bene anche se….mi domando…
…ma a cosa sono serviti i 5 (forse 6) milioni di euro (come detto poco fa, i siti e i giornali riportano ognuno una cifra differente) utilizzati per la ristrutturazione? Sembra tutto così in declino, specialmente la struttura esterna, i giardini, la sala principale, le pareti scrostate, l’impianto d’illuminazione mi ricorda quello degli studi dentistici degli anni Novanta.
Vabbè, non entro in merito su spese che non conosco. Posso però dire che il biglietto d’ingresso è veramente caro: dieci euro intero e 5 ridotto.
Mi chiedo sempre come faccia Londra ad offrire l’ingresso gratuito a tutti (residenti e stranieri). I suoi musei sono straordinari, enormi, magnificenti, giganteschi, pulitissimi, perfetti, con addirittura bagni, caffetterie e shop impeccabili e senza barriere architettoniche.
L’arte è patrimonio di tutti, dovrebbe essere fruibile e non accessibile solo dietro lauto compenso. I musei purtroppo sono diventati così esosi che non se li può permettere quasi più nessuno, specialmente famiglie e studenti.
Davvero peccato, copiamo tante cose dall’estero, ma mai nessuna di quelle buone.