Un caldo veramente imbarazzante. Immagino di immergermi in quelle vasche piene di ghiaccio fuori dalle saune e provo profonda invidia per i ragazzini dei video musicali degli anni 90 che ballavano in mezzo alla strada intorno agli idranti rossi trasformati in fontane.

Ho lasciato la macchina così lontano che già a metà salita il cane si ferma, si siede, gira la testa indietro, mi guarda e sembra dire “dai deficiente, vai a prendere la macchina che io ti aspetto qui”.

E invece proseguiamo, entrambe con la lingua penzoloni, fino al cancello d’ingresso dell’acropoli. Sotto di noi…una lunga fila di posti auto.

“Te l’avevo detto che c’era il parcheggio deficiente! L’avevo fiutato”.

Per farmi perdonare le concedo dell’acqua fresca e una sosta ai piedi di questi grandi alberi che adombrano la piazza della cattedrale. Per fortuna i cani non s’incazzano e non portano rancore. Vabbè, non per molto almeno. Sulla facciata della chiesa sono incastonate delle ceramiche rotonde bianche e azzurre. Sono le costellazioni dell’orsa minore e maggiore. A qualche passo dalla cattedrale, si trova Piazza del Seminario nella quale uno stranissimo palazzo dalla forma irregolare ne delimita gli spazi. I pellegrini della Via Francigena passando da qui potevano leggere le virtù del viandante sulle facciate che, a dire il vero, ancora oggi sono perfettamente dipinte. In alto ci sono delle scritte che più che consigli di vita sembrano valori da coltivare, ad esempio una recita: pazienza significa ascoltare anche quello su cui non siamo d’accordo. 

Un sentiero leggermente in salita porta sino alla Rocca di Federico II con la solinga torre che svetta su questa modesta collinetta di appena 150 metri d’altezza che però, concede allo sguardo lo stupore.

Un panorama bucolico e rasserenante. Un vento timido che riesce appena a smuovere le fronde degli ulivi. I campi coltivati hanno diverse tonalità di verde. Questa è terra di carciofi, di tabacco Kentuky (utilizzato per il sigaro toscano) e di tartufo bianco.

“Ehi ma tu saresti in grado di trovare dei tartufi?” domando a voce alta.

Il cane, sdraiato sul prato con la schiena attaccata al muricciolo in cerca dell’unica strisce di tre cm d’ombra disponibile, alza la testa: “Senti se te piace tanto de sentì puzza di gas, più tardi dammi da mangiare un pezzetto di formaggio che ci penso io ad allietarti, ora però, torniamo alla macchina ti prego che mi sembra di piglià foho!”

 

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