Eppure non c’era nessun insegna ‘Poste’ in giro.

Ho controllato bene.

Più volte.

Nonostante ciò, ho passato tre ore così tremende e snervanti, che potrei augurarle solo al mio peggior nemico.  (Eh sì..lo so che si dice “nemmeno al mio peggior nemico”, ma io non sono ipocrita.)

Manco nei film horror potrebbe mai capitare una cosa simile perché, nonostante siano pensati per spaventare, è tutto così dannatamente prevedibile che finiscono per essere scontati… faccio un esempio: viene inquadrata la porta dello scantinato? Sai già che il protagonista la aprirà, scenderà e morirà. Viene inquadrato il finestrino della macchina ferma in panne in mezzo a campi di grano? Sai già che qualcuno sfonderà il vetro e ucciderà gli occupanti dell’auto. C’è una barca a remi sul fiume in piena notte? Vuoi che non vengano fuori all’improvviso delle braccia a tirar giù qualcuno?

Ripeto…tutto molto intuibile.

Ma qui, alla cascata delle Marmore, nemmeno Spielberg avrebbe potuto prevedere un colpo di scena così destabilizzante!

Il regista da il ciak, la telecamera fa una lenta carrellata: si vede l’acqua scorrere tra arbusti e fronde di alberi piegati dal vento e dall’umidità. L a vegetazione del parco si mostra rigogliosa ed un incessante frastuono precede l’inquadratura della cascata (artificiale) col salto più alto d’Europa. Sullo sfondo in lontananza c’è una ragazza (io) che, salterellando come Heidi mentre scende in paese per comprare il pane, si avvicina sorridendo al cancello d’ingresso. Seguono due secondi di buio che permettono alla colonna sonora di farsi sempre più grave e profonda e…tac… la telecamera all’improvviso si concentra su una fila lunga decine e decine di metri.

La ragazza (sempre io) arresta la sua corsa felice, si blocca e impietrita, si lascia fagocitare da un fiume di gente che scorre ancor più rapido e minaccioso delle acque del fiume.

Questo sì che è un horror coi contro fiocchi!

Ma come si fa, dico io, a pretendere l’acquisto on-line per il conteggio degli ingressi e poi in loco vendere altre centinaia di biglietti? Suppongo che sia prevista una capienza massima anche per questo tipo di parchi, non ha senso far pagare un biglietto a queste condizioni. Nessuno si gode la passeggiata (che dovrebbe essere invece un’escursione spensierata e rinvigorente in mezzo alla natura), non si ha modo di guardarsi intorno né fermarsi ad ammirare la vegetazione.

Per non parlare dei servizi igienici del tutto insufficienti considerando il numero di persone presenti. La coda davanti a tre toilette (tre!) era a dir poco vergognosa. Uno in preda ad un attacco di diarrea avrebbe fatto prima ad uscire, riprendere l’auto e tornare a casa a farla.

 

“Mi scusi, saprebbe dirmi da dove parte il gruppo per la visita al balcone degli innamorati?”

“E cazzo ne so io!”

“Grazie.”

Ci provo con un gruppo di famiglie con bambini piccoli.

“Scusate, sapete per caso dove si ritrovano i gruppi delle visite guidate?”

“Ti sembra che lavoriamo qui?!”

“Grazie lo stesso”

Sto accumulando vaffanculo, per adesso li metto da parte ma alla prima occasione giusta….

Continuo con l’insistenza e la perseveranza di una che fa l’elemosina. “Lei sa per caso..” “Scusi mi sa dire dove…” “Lei aspetta la guida per…”

Finalmente qualcuno mi rivolge la parola.

“Senta è lei la guida del tour?” Un’anziana dal volto simpatico si avvicina sorridendo.

“Come scusi?”

“Abbiamo sentito che stava cercando il gruppo per il balcone degli innamorati, ci siamo iscritti anche noi, è lei la guida?”

“No signora mi spiace, la sto cercando anch’io.”

“Anche noi!” Si aggiungono altri.

“E pure noi la cerchiamo.” Dice il papà di tre bambini. “A questo punto conviene che restiamo tutti vicini così magari ci trova la guida.”

Dopo dieci minuti eravamo diventati più numerosi di un plotone d’esecuzione ed altrettanto incazzati e spietati.

“Mamma ho tanta sete.”

“Ti ho detto che non possiamo bere, berrai quando usciremo da qua.”

“Ma ho caldo e sete.”

“Tesoro non ci pensare, se bevi dopo devi fare la pipì e diventa un problema. La vedi quella fila laggiù ammamma? É tutta gente che deve fare pipì.”

Il napoletano del gruppo si gira e guarda la colonna di gente con un espressione di disgusto “Uanem’. Si qualchduno addaí obbagn’ …addamurí!”

Mi fa ridere ma ho esaurito l’energia a forza di aspettare sotto il sole. Sto sudando come una partoriente il 20 d’agosto.

La guida arriva con un discreto ritardo “Scusate c’è troppa gente, ho lasciato l’altro gruppo ma no riuscivo a tornare giù” si giustifica. Fa cenno di seguirlo e ci trascina lentamente su per una salita raccontandoci storie che ascolto a metà mentre vengo spintonata dai passanti infuriati. Cerchiamo di rimanere compatti come le sardine del Cantabrico ma la folla è troppo numerosa e disordinata finendo così per farci ripetutamente allontanare gli uni dagli altri rendendo il percorso ancora più estenuante.

Se prima di arrivare alla terrazza mi sentivo comunque una certa dose di emozione  stile bimbo Charlie, dopo aver trovato il biglietto d’oro per la fabbrica di cioccolato, adesso, mi sento fottutamente fuori luogo come un pinguino allo zoo di San Diego.

Ed eccoci finalmente davanti alla brevissima galleria che conduce al terrazzino.

Non mi dilungherò nei commenti, il titolo del filmato qua sotto la dice già lunga di suo, in pratica: ho pagato un biglietto per fare una doccia e non vedere assolutamente nulla.

Assurdo.

boia come la viene

Ed io che pensavo di aver toccato il fondo con il battello alle cascate del Niagara…e invece…

 

Ricapitolando:

Le tre ore passate al parco delle cascate sono state per me un’esperienza da archiviare. Totalmente delusa e amareggiata. Non ho visto la cascata perché c’era così tanta ressa che pareva di stare nei centri commerciali durante i saldi invernali in un giorno di pioggia. Il tour della terrazza mi ha fatto venire voglia di chiedere un rimborso considerando la totale inutilità della visita. E ho dovuto trattenere la pipì più di quanto umanamente possibile. Insomma, ciò che doveva essere una giornata felice in mezzo alla natura, sì è rilevata un inutile dispendio di energia e denaro.

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